DOVE: Tra Marsiglia, Francia, e l'Italia
QUANDO: prima metà del 1800
Tra i personaggi maschili che la letteratura classica ci offre, difficile non subire il fascino di Edmond Dantes. Tradito da quelli che reputava suoi amici, abbandonato dalla donna amata, imprigionato nel solitario Castello d'If - arroccato su uno scoglio battuto dalle onde, accessibile solo dal mare-, reagisce con forza e riesce infine a realizzare, con freddezza e lucidità perfette, la sua vendetta.
Sullo sfondo dell'ascesa e declino dell'astro di Napoleone, Dantes combatte, resiste e non dimentica: nè i suoi nemici, nè il suo dolore, nè lo struggente amore per la bella Mercedes. Fuggito miracolosamente dalla sua prigione - grazie al provvidenziale incontro con l'abate Faria, ma anche e soprattutto dalla sua prontezza di spirito e alla sua freddezza - invecchiato ma non certo abbattuto nell'animo dalla lunga prigionia, riesce infine a ribaltare la propria sorte, afferrando al volo le opportunità che il destino gli pone dinanzi. Divenuto contrabbandiere, il caso lo conduce proprio all'Isola di Montecristo che diventerà fonte e sostegno del suo piano vendicativo. Con la pazienza di un ragno, una ad una Dantes tesse le sue tele, approfittando della sua presenza agli eventi mondani di Parigi e di Roma, senza mai tradirsi nè mai rinunciare al gusto sottile della vendetta consumata, come da manuale, fredda.
In in fittissimo intreccio di situazioni e di personaggi - che non ha senso star qui a dipanare, tanto la narrazione è avvincente - ritroverà dunque chi lo ha pugnalato alle spalle e l'allora fidanzata, chiudendo ad una ad una tutte le situazioni che, suo malgrado, erano per tanti anni rimaste in sospeso, con gran sorpresa di chi immaginava che il giovane marinaio si fosse lasciato fiaccare e corrodere l'anima dalla sua umida prigionia.
Assolutamente da leggere. Punto.
UN ASSAGGIO:
"Così negli occhi neri di Noirtier, sormontati da sopracciglia scurissime, mentre i capelli, lunghi, neri e fluenti sulle spalle, erano bianchi, in quegli occhi, come avviene in ogni organo umano esercitato a spese degli altri, si erano concentrate tutta l'attività, tutta la destrezza, tutta la forza e tutta l'intelligenza sparse un tempo in quel corpo e in quell'anima. Certo, mancavano il moto delle braccia, il suono della voce e l'attitudine del corpo, ma quell'occhio possente suppliva a tutto. Egli comandava con gli occhi, ringraziava con gli occhi; era un cadavere con occhi vivi e nulla era più impressionante, a volte, di quel viso di marmo nelle cui occhiaie s'accendeva una improvvisa collera o brillava una gioia inattesa. Soltanto tre persone sapevano comprendere il linguaggio del povero paralitico: Villefort, Valentina e il vecchio domestico; ma, poichè Villefort non vedeva quasi mai suo padre e solo, per così dire, quando non poteva farne a meno e, quando lo vedeva, non cercava di fargli piacere sforzandosi di capirlo, tutta la felicità del vecchio era riposta nella nipote, e Valentina era giunta, a forza di attenzioni, d'amore e di pazienza, a comprendere attraverso lo sguardo tutti i suoi pensieri."