domenica 3 giugno 2018

SUSANNA TAMARO - Và dove ti porta il cuore



DOVE: in una grande, solitaria casa nel Carso
QUANDO: anni'90

Quanto ho amato questo libro, non so esprimerlo, credo, a parole. L'ho amato come lo hanno amato molte adolescenti degli anni'90, l'ho letto evidenziandone i passaggi che più mi colpivano, ricopiandoli poi nelle pagine della Smemoranda, straripante di queste e di altre citazioni.
Erano tempi diversi, senza instagram nè facebook, fatti di carta, evidenziatori colorati e di diari che raddoppiavano di volume sotto la spinta di cartoline, biglietti del cinema, foto.
Ecco, è in quel mondo lì che ha visto la luce questo piccolo classico - posso permettermi di chiamarlo classico, anche se le generazioni successive forse non lo avranno mai letto? - a metà tra il romanzo fine a sè stesso e la filosofia "leggera".
Qualche tempo fa l'ho visto riapparire sotto forma di recensione in un blog ( ahimè, mi scuso con l'autore ma ho completamente rimosso di quale blog si trattasse ) e mi sono detta: ecco un altro titolo da recuperare e rileggere adesso.
All'epoca ero una figlia ( e una nipote), oggi sono passata dalla parte opposta della barricata e sono innanzitutto una mamma; l'idea era di intraprendere di nuovo questo viaggio a metà tra fisico e psiche, per vedere semplicemente l'effetto che fa. Manco a dirlo, ora come allora, l'ho amato. Con una nuova consapevolezza, certo, con occhi nuovi su certe sfaccettature; ma indubbiamente non ne sono rimasta delusa.
La storia è quella di tre generazioni di donne. La prima, quella della nonna, voce narrante nonchè figlia di una famiglia borghese dell'estremo nord Italia, formata come tutta la sua generazione dal dolore della guerra e da un'educazione rigida focalizzata sulle apparenze più che sull'affetto.
La seconda, quella della figlia di lei, turbolenta rappresentante della ribellione giovanile degli anni '70, dell'inquietudine, dei "tempi nuovi" che hanno visto la luce dopo le macerie della guerra e dopo il boom economico. L'ultima, quella della nipote, una giovane degli anni '90 emigrata negli USA in cerca di esperienze, voce muta eppure presente attraverso le parole ed i ricordi della nonna.
Tre generazioni che si intrecciano, si sovrappongono e si allontanano, ciascuna sotto la spinta del proprio modo d'essere, e che la nonna cerca di riunire - se non fisicamente, almeno emotivamente - scrivendo alla nipote una lunga lettera.
Una lettera che sgorga spontanea dal suo cuore, nella quale i ricordi si ammucchiano e si dipanano senza necessariamente seguire il filo cronologico, spinti dall'urgenza dei sentimenti contrastanti che la animano mentre cerca di spiegare alla nipote lontana la storia di lei, e delle donne della sua famiglia.
Noi siamo con lei, in una immensa villa nel ventoso inverno del Carso, una casa divenuta improvvisamente troppo grande e troppo silenziosa, nella quale lei, con la sola compagnia del cane Buck e dei suoi ricordi, si aggira ricostruendo la sua esistenza, mettendo nero su bianco aneddoti della sua vita, cercando di spianare le incomprensioni con la nipote riportando alla luce ricordi dei loro anni insieme, anni sereni e splendenti nei quali erano state unite, ma non solo.
Perchè con uno straordinario coraggio, la nonna decide di aprirle completamente il suo cuore, raccontandole finalmente un segreto che portava sepolto nell'animo da anni, un segreto pieno di spine che aveva dovuto inghiottire in nome di una rispettabilità borghese che negli anni '90 già cominciava a scricchiolare come concetto.
Una storia straordinaria che ha come voce narrante quella pacata di una donna anziana, la quale lontana ormai dai tumulti rabbiosi della giovinezza ripercorre passo a passo la sua vita, i suoi errori, cercando di fare luce negli angoli bui e di dare alla giovane nipote proiettata verso quel futuro che a lei sta sfuggendo dalle mani delle solide basi sulle quali costruire la donna che sceglierà di diventare.
Una storia delicata che spinge a riflettere sulle convenzioni, su ciò che davvero conta nella vita, sulle scelte, sul tempo che scorre e che non torna indietro.
Sulle fratture che talvolta si creano tra un essere umano e l'altro, e che non sempre si riescono a sanare.


UN ASSAGGIO:

"Per mio padre, come per mia madre, i figli prima di ogni altra cosa erano un dovere mondano. Tanto trascuravano il nostro sviluppo interiore, altrettanto trattavano con rigidità estrema gli aspetti più banali dell'educazione. Dovevo sedermi dritta a tavola con i gomiti vicino al corpo. Se, nel farlo, dentro di me pensavo soltanto al modo migliore di darmi la morte, non aveva nessuna importanza. L'apparenza era tutto, al di là di essa esistevano soltanto cose sconvenienti.
Così sono cresciuta con il senso di essere qualcosa di simile ad una scimmia da addestrare bene e non un essere umano, una persona con le sue gioie, i suoi scoramenti, il suo bisogno di essere amata. Da questo disagio molto presto è nata dentro di me una grande solitudine, una solitudine che con gli anni è diventata enorme, una specie di vuoto pneumatico nel quale mi muovevo con i gesti lenti e goffi di un palombaro."

7 commenti:

  1. Conoscevo il contenuto di questo romanzo, sicuramente il più famoso della Tamaro, ma ammetto di non essermici mai avvicinata frenata da un po' di pregiudizio. Quel tipo di pregiudizio che, ahimè, tendo a nutrire verso tutto ciò che "piace troppo a troppi". E' un libro che a volte mi ha incuriosita, ma mai abbastanza; uno di quelli che temo di non apprezzare a pieno. La tua recensione però è così appassionata che apre qualche fessura in questa mia sensazione istintiva, e chissà che un giorno o l'altro non corro il rischio.

    P/s: non c'è Instagram o Facebook che tenga, al cospetto delle Smemoranda farcite e raddoppiate!!!

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    1. Ti capisco perfettamente, anche io ora come ora ho quel tipo di approccio verso i libri di cui tutti parlano e tutti postano.
      Ma all'epoca, da ragazzina, seguivo la corrente e devo dire che anche rileggendolo adesso a distanza di anni il libro ha saputo coinvolgermi come allora.
      Evidentemente, tocca delle corde che sono rimaste le stesse, negli anni...

      Poi con la lettura come col cibo tutto è molto soggettivo; a mio parere non esistono libri belli o libri brutti, ognuno ha il suo personalissimo elenco di libri del cuore, ed il bello è proprio quello: come le stesse identiche parole lette da persone diverse riescano ad avere impatti diversi.. no? ^_^
      ^_^

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  2. Ciao Letizia, vengo a ricambiare con piacere la visita, anche io scrivo di libri, oltre le mie parole...

    Questo libro l'ho letto tanti anni fa e me ne sono innamorata, forse perchè ho vissuto il rapparto particolare ed intenso che solo si può innestare tra una nonna e una nipote. A volte ho letto commenti non positivi su questo libro, ma ritengo siano commenti che non hanno saputo cogliere, come invece tu hai ben fatto, l'essenza di questo libro. A presto.

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    1. Ciao, grazie per aver ricambiato la visita ^_^.
      Anche io, come te, ho una nonna (oggi splendida novantanovenne) con la quale c'è e c'è sempre stato un rapporto molto stretto; ricordo che all'epoca ci tenni tantissimo a condividere con lei le emozioni che questo libro mi aveva regalato, e glielo prestai, lei lo lesse e anche a lei piacque moltissimo..
      Probabilmente il motivo per cui l'ho amato così tanto, sta anche in questa piccola, intima condivisione...

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  3. Ciao Letizia 👋 piacere di conoscerti 😊 adoro leggere, ho sentito parlare di questo libro ma purtroppo non l'ho ancora letto, lo devo recuperare!😊 Mi iscrivo come tua lettrice fissa su Blogger. A presto!👋
    Gattaracinefila 😽

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    1. Buongiorno cara e grazie per essere passata!! Ricambierò certamente la visita con molto piacere ^_^

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  4. Questo commento è stato eliminato da un amministratore del blog.

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