mercoledì 13 ottobre 2010

ANONIMO - Sweeney Todd, Il diabolico barbiere di Fleet street



DOVE: Londra
QUANDO: 1785

Solitamente, quando il cinema propone la trasposizione di un libro che non ho ancora letto, preferisco sempre cominciare con quest'ultimo; adorando infatti l'incantesimo della carta scritta, preferisco lasciare libero sfogo alla mia fantasia nel costruire scenari e personaggi, anzichè farmi influenzare dalle scelte di un regista. Mi rendo conto che questo può sconvolgere gli appassionati del grande schermo, ma ammetto senza vergogna di non aver visto ancora la versione cinematografica che Tim Burton ha proposto per il diabolico barbiere. In compenso, ho divorato in pochi giorni il romanzo, probabilmente risorto agli onori della stampa anche grazie al film (anzi, consiglio di leggere la piccola ma curata postfazione nella quale, oltre ai doverosi accenni alla cronaca reale si traccia una breve ma curiosa storia della vita "letteraria" di questo inquietante personaggio).
Siamo alla fine del Settecento, in una Londra cupa e malsana, nella quale la miseria spinge spesso ad accettare qualsiasi lavoro, purchè questo garantisca un tetto sulla testa ed un pasto caldo e i manicomi finiscono spesso per essere la via più comoda per eliminare dalla propria vita le presenze "fastidiose". Proprio qui, nella calma apparente di Fleet Street, a due passi dal chiassoso Temple e dai suoi avvocati, sorge una piccola bottega di barbiere, la cui vetrina promette un'accurata rasatura per un penny. Peccato che lo sgraziato proprietario pare abbia l'abitudine di far sparire i malcapitati clienti che si fossero trovati a transitare sulla sua sedia con qualche avere di troppo. Intorno alla sua spaventosa figura si intrecciano le vicende della giovane e coraggiosa Johanna Oakley, decisa a scoprire cosa ne è stato del suo spasimante, misteriosamente scomparso assieme alla collana di perle che avrebbe dovuto regalarle, e di Tobias Ragg, malcapitato garzone che si trova ben presto avvinto dalle minacce del barbiere al suo terribile segreto.
Ma qual'è, questo segreto, e cosa ha a che fare con la popolarissima taverna della signora Lovett, e con le austere volute della cripta della chiesa di St. Dunstan? Pagina dopo pagina, tra colpi di scena, sparizioni, macabri ritrovamenti, ingegnosi tranelli e la più autentica suspence, tiriamo infine il fiato sull'attesa (non senza qualche sorpresa) conclusione.
Una storia capace di dare ancora qualche brivido, anche a noi "moderni", ormai avvezzi ai più cruenti scenari di cronaca.

UN ASSAGGIO:

"Silenzio! Arriva qualcuno; è il vecchio Grant, del Temple. Come va, signor Grant? Mi fa piacere vedervi così in forma. Rallegra vedere un gentiluomo della vostra età con un aspetto così fresco e sano. Sedetevi, signore; giratevi un po' da questa parte, se permettete. Rasatura, suppongo?"
"Sì, Todd, sì. Novità?"
"No, signore, niente di emozionante. Tutto è molto tranquillo, signore, eccetto il forte vento. Hanno detto che ha soffiato via il cappello al re, ieri, signore, e lui ha preso in prestito quello di Lord North. Anche il commercio va a rilento, signore. Penso che con questa pioviggine la gente non abbia voglia di uscire per farsi pulire e rivestire. Nella mia bottega non entra nessuno da un'ora e mezza."
"No signore" disse Tobias "avete dimenticato quel marinaio con il cane, signore."
"Ah, certo!" disse Todd "Se n'è andato, e l'ho visto ficcarsi in qualche vicolo dalle parti del mercato."
"Mi meraviglio di non averlo incontrato, signore", disse Tobias "perchè venivo proprio da quella direzione; e poi sarebbe stato proprio stupido a lasciarsi dietro il cane."
"Sì, molto", disse Todd. "Potete scusarmi un momento, signor Grant? Tobias, ragazzo mio, voglio solo che tu mi dia una mano un momento sul retro."
Tobias seguì Todd senza diffidenza nel retrobottega; ma quando vi entrarono e la porta venne richiusa, il barbiere balzò su di lui come una tigre arrabbiata e, afferrandolo per la gola, gli sbattè la testa contro le pareti di legno così tante volte che il signor Grant dovette pensare che ci fosse un carpentiere al lavoro; poi il barbiere prese il garzone per i capelli e lo fece roteare su sè stesso, colpendolo con un calcio talmente forte da farlo finire disteso in un angolo della stanza. Dopo di che, senza dire una parola, il barbiere tornò dal suo cliente e sprangò la porta del retro, lasciando Tobias a digerire con comodo e nel modo migliore il trattamento che aveva ricevuto.
Quando tornò dal signor Grant, si scusò per averlo fatto aspettare dicendo: "Era necessario, signore, insegnare al mio nuovo apprendista un po' del suo lavoro. Ora l'ho lasciato là a studiare. La cosa migliore, con i giovani, è spiegargli le cose una volta per tutte."

Nessun commento:

Posta un commento