mercoledì 27 aprile 2016

HARPER LEE - Va', metti una sentinella

DOVE: Maycomb, Alabama
QUANDO: anni '50

Avete presente Scout, la brillante e combattiva ragazzina protagonista del capolavoro di Harper Lee, Il buio Oltre la Siepe? Sì, proprio lei, la scalza maschiaccia di Maycomb, figlia del pacato avvocato Atticus Finch, finalmente è tornata. Ed è esattamente come la immaginiamo una volta cresciuta; una donna testarda, indipendente, allergica a pregiudizi ed etichette sociali, trasferitasi a New York e di ritorno nella piccola Maycomb in visita a ciò che resta della sua famiglia, dopo la morte - ahimè - del fratello Jem.
E se da piccola già stentava a tenere a freno la lingua di fronte a quelle che reputava ingiustizie, figuriamoci adesso, quando la maturità di una giovane ventiseienne residente nella grande mela consente a Jean Louise di vedere ancor più chiaramente l'asfissiante grettezza e la mentalità meschina della provincia americana. Anche Maycomb è più o meno come ce la immaginiamo negli anni '50; strade asfaltate, piccoli giardini curati, un piccolo chiosco di gelati là dove un tempo lei e Jem giocavano insieme ad Henry (Hank) Clinton, lo storico amico d'infanzia divenuto ora un tranquillo ed affidabile praticante avvocato nello studio di Atticus Finch, nonchè corteggiatore di Jean Louise. Inutile dire che la tranquilla vita di provincia a Jean Louise - che nel profondo del cuore continua ad essere la burrascosa Scout - comincia presto ad andare stretta; quelle che un tempo erano state le sue compagne di scuola sembrano essersi tramutate una dopo l'altra in amabili casalinghe, che scrollatesi di dosso qualsivoglia ambizione personale vivono contemplando amorevolmente i loro mariti, riflettendone persino le opinioni, incapaci perfino di concepire propri pensieri indipendenti. Il germe del razzismo, che da tempo covava sotto la superficie dorata della piccola cittadina, continua a germogliare e spandere il suo veleno ipocrita; la comunità nera e quella "rispettabile" bianca vivono a debita distanza, in un precario equilibrio.
Ma soprattutto, il mondo di Jean Louise comincia a vacillare nel momento in cui perfino Atticus - suo padre, Atticus Finch, che per lei era il sole attorno a cui ruotava l'intero universo - sembra apparentemente deluderla, tradendo quelli che fino ad allora per lei erano stati i principi fermi ed indiscutibili della sua cieca fede in Atticus. Scavando in un passato talvolta dolce, spesso doloroso, Scout porta alla luce i piccoli, inconfessabili segreti di famiglia che la costringono inevitabilmente a maturare, rivedendo i suoi rapporti familiari, quello con Hank ma soprattutto rivedendo il rapporto con sè stessa. E, anche se sarà un processo doloroso - i cambiamenti lo sono sempre, specialmente quelli bruschi - la giovane Scout sopravvivrà. Perchè d'altronde continua ad essere la tosta figlia di Maycomb che scazzottava coi maschi.

Non aggiungo altro; per chi ha amato Harper Lee sarà certamente un piacere ritrovare la sua protagonista. Per tutti gli altri, un'occasione magari per accostarsi a lei, considerando fra l'altro che quest'opera era stata concepita dall'autrice prima di comporre Il Buio Oltre la Siepe, ma che poi da una serie di considerazioni di carattere editoriale è venuta fuori quest'ultima.
(Rimando alla pagina di Wikipedia tutti coloro che fossero interessati all storia di Va', Metti una Sentinella)
Infine, ultimo ma non per importanza, con questo post completo la mia partecipazione al Link Party del Blog Cinebooks Blog, dedicato ai libri ed alla primavera ^_^.
Cliccando sul link arriverete direttamente alla pagina dell'iniziativa, dove potete trovare la lista di tutti i blog partecipanti: una vera miniera d'oro, per gli amanti della lettura!


UN ASSAGGIO:

"La Seconda Guerra Mondiale ebbe una certa influenza su Maycomb: i suoi figli che tornavano a casa avevano strane idee su come fare quattrini e una gran fretta di recuperare il tempo perduto. Pitturavano le case dei genitori di colori atroci; imbiancavano i negozi di Maycomb e montavano insegne al neon; per se stessi costruivano case in muratura in quelli che una volta erano campi di granoturco e pinetine; rovinavano l'aspetto della vecchia città. Le sue strade non furono soltanto latricate, ma anche battezzate (Adeline Avenue, dal nome di Miss Adeline Clay), a i vecchi residenti si astenevano dall'usare i nomi delle vie: per orientarsi bastava indicare "la strada che passa davanti a Tompkins Place". Dopo la guerra, da tutte le aziende agricole della contea affluirono in massa a Maycomb giovani che costruivano casette di legno che sembravano scatole di fiammiferi e mettevano su famiglia. Nessuno capiva come facessero a sbarcare il lunario, ma in un modo o nell'altro ci riuscivano, e se il resto della città avesse riconosciuto la loro esistenza avrebbero creato a Maycomb un nuovo strato sociale.
Anche se l'aspetto della città era cambiato, nelle case nuove battevano gli stessi cuori, davanti ai frullatori e ai televisori. Si poteva dare una mano di bianco a tutto quello che si voleva, e montare buffe insegne al neon, ma le vecchie case di legno reggevano bene allo sforzo anche sotto questo peso supplementare."



giovedì 7 aprile 2016

GABRIELLE DONNELLY - Le lettere segrete di Jo

DOVE e QUANDO: tra la Londra di Oggi e Concord, Massachussets, seconda metà dell'Ottocento

Tre sorelle londinesi, una mamma psicoterapeuta con un passato ribelle ed una bisnonna ancor più anticonvenzionale, nientepopodimeno che la Jo March protagonista delle Piccole Donne con cui sono cresciuta: questa la combinazione di ingredienti che mi ha magneticamente attratto verso questo libro non appena ho letto la quarta di copertina. Come potevo lasciarlo lì? Jo, proprio lei, che tanto ho adorato sulla carta e sullo schermo (in tutte le salse.... dalla versione vecchissima del film con Liz Taylor fino ai cartoni animati giapponesi), estrosa, tosta, ribelle, energica, bisbetica, confusionaria e piena d'amore per la propria famiglia, è tornata.
Ma sto creando confusione, lasciandomi andare dall'impulso emotivo, lo stesso che mi ha fatto decidere in quattro e quattro otto di comprare il libro, nonostante fossi andata in libreria soltanto per comprare il Secondo Viaggio nel Regno della Fantasia di Geronimo Stilton per mio figlio ^_^.

Dunque, dicevamo, tre sorelle. Emma, la maggiore, composta, nei ranghi, ordinata, metodica. Una che fa esattamente quello che ti aspetteresti. Un fidanzato perfetto, un lavoro perfetto, in corso di preparativi per il matrimonio perfetto.
Sophie, la minore, biondissima, di professione attrice, corteggiata, brillante, sempre con la testa tra le nuvole, assolutamente lontana dai pensieri pratici, un tantinello svampita come da clichè delle bionde, ma sempre attenta e ferma nel voler realizzare i suoi sogni.
In mezzo lei, Lulu, persa in un limbo sentimentale e lavorativo in cui nulla sembra soddisfarla. Brontolona, tenace, disillusa dalla vita, una laurea conseguita con voti brillanti eppure senza convinzione, un'amore sconfinato per le proprie sorelle eppure l'amarezza di sentirsi un passo indietro rispetto ad esse. Nei loro brunch domenicali a casa dei genitori, immancabile il confronto. Emma e Sophie, seppure in modo diverso (ed in direzioni diverse) puntano con sguardo fermo verso il proprio futuro. Lulu, invece, sembra svolazzare qua e là come un uccello in gabbia, incapace di trovare la propria strada.
Fino a quando, in soffitta, mentre cerca un vecchio ricettario di famiglia, non s'imbatte in una scatola di ricordi, dove, tra fotografie ingiallite e guanti ottocenteschi non incontra lei, nonna Jo, morta a cent'anni circondata dall'affetto della sua famiglia, attraverso una fitta corrispondenza che negli anni l'aveva legata alle sue sorelle, e attraverso la quale Lulu ricompone, passo a passo, la storia della sua famiglia. Giorno dopo giorno, all'insaputa di tutti, Lulu si chiude in soffitta e legge; e leggendo, piano piano, scopre che c'è stata, prima di lei, in famiglia, un'altra giovane donna inquieta, che scalpitava come un puledro di fronte alle convenzioni e che sembrava non avrebbe mai trovato il proprio posto nel mondo. Una giovane donna testarda e bisbetica, seconda di quattro figlie cresciute nel Massachussets da una madre amorevole mentre il padre combatte nella Guerra Civile.
Ma due mondi così lontani, gli USA ottocenteschi e la Londra degli anni duemila, possono ancora parlarsi? Riusciranno le parole di nonna Jo ad indirizzare la sua inquieta pronipote verso il suo destino?
Una storia scorrevole, fatta di confidenze in rosa durante assolati brunch domenicali punteggiati di fiori ed allettanti colpi di testa in una city frenetica e piena di occasioni. Un'occasione per incontrare quella che in un certo senso è stata una presenza "forte" nella mia vita letteraria di bambina, perchè Jo March è Jo March, punto. Ma soprattutto, pur nella sua frivolezza, un'occasione per riflettere sulla vita, sulle scelte, sull'amore che aspettiamo con tanta impazienza e che poi arriva dalla direzione in cui mai avevamo guardato.

PS: per tutte le amanti della Alcott, segnalo un libro che avevo recensito parecchio tempo fa e che era stato anch'esso una piacevole "riscoperta".. :-)


UN ASSAGGIO:

"La scatole occupavano la maggior parte dello spazio rimanente nella libreria. Ce n'erano più di dieci, in tela o cartone, di misure diverse e con il contenuto etichettato in modo chiaro dalla mano ordinata e ferma di nonna Jojo. Lulu si accovacciò per terra, spazzò via un paio dei ragni che tanto allarmavano Sophie e si accinse ad esaminarle. Pensò di ignorare quella con su scritto GIOIELLI e anche quella delle CARTE GEOGRAFICHE. Una scatola di scarpe con l'etichetta RICETTE sembrava promettente, ma conteneva soltanto una serie di rendiconti su sottile carta bianca, i  numeri scritti con un'antiquata macchina per scrivere. Un'elegante contenitore con le rifiniture in pergamena color panna e la scritta CISSIE riaccese le sue speranze, ma un controllo più accurato rivelò che ospitava solo alcuni diari logori ricoperti da una grafia fitta e illegibile: se era quella di nonna Cissie, pensò Lulu, non c'era da stupirsi che avesse deciso di far stampare le ricette. Su una scatola c'era scritto TRASCENDENTALISMO, che forse un tempo aveva appassionato qualche membro della famiglia, e su un'altra CONCORD. Il libro che cercava, però, non era nè nelle scatole nè infilato tra una e l'altra.
Lulu si alzò e si pulì le ginocchia disgustata. Nel chinarsi notò una valigetta di pelle seminascosta nell'ombra, posata sul pavimento tra la libreria e i bauli. Più grande delle scatole, era il tipo di valigia usato dai medici, con il manico robusto ed un vecchio fermaglio di ottone annerito; non aveva nè etichetta nè descrizione. Curiosa, suo malgrado la prese, la portò allo sgabello sotto la finestra e l'aprì mentre le gocce di pioggia, battendo, disegnavano un tatuaggio sul vetro sopra alla sua testa."

domenica 3 aprile 2016

MASSIMO GRAMELLINI - Fai bei sogni

DOVE: Torino
QUANDO: tra la fine degli anni '60 ed oggi

Da quando - quasi sette anni fa - sono diventata mamma, ho scoperto una nuova forma di paura e di dolore. Prima di allora non mi preoccupavo mai più di tanto che potesse accadermi qualcosa; e comunque, se anche questo lontano pensiero mi avesse sfiorato la mente, avrebbe prodotto poco più che una noncurante alzata di spalle. Oggi, improvvisamente, il pensiero che io dovessi venire a mancare lasciando mio figlio mi spezza il cuore. L'idea di qualcuno che vada a dirgli che la sua mamma non esiste più, immaginare le sue lacrime, il suo senso di smarrimento, bastano a darmi la pelle d'oca. Diventi mamma, e Madre Natura ti dice che da quel momento in poi tu non sei più tu; tu sei una mamma, indissolubilmente legata alla creatura che hai portato in grembo. Scivoli in secondo piano, per lasciar spazio a lui.

Ed è con questo spirito che ho letto il libro di Gramellini, avventurandomi tra le sue pagine ignorando cosa mi aspettasse (al di là della quarta di copertina, evito sempre di leggere recensioni o qualsiasi altra anticipazione che possa privarmi del gusto della scoperta, quando inizio un libro) ed entrando in una storia diretta come un pugno allo stomaco.
Una storia autobiografica, che in poco più di duecento pagine mi ha strappato fiumi di lacrime.

Massimo, nove anni, in una fredda e nevosa notte dell'ultimo dell'anno, si sveglia e scopre che la sua vita è stata stravolta: improvvisamente la sua mamma non c'è più. Un bambino come tanti, che alla fine degli anni sessanta scopre tutto a un tratto che "come tanti" non lo è più. Lui è adesso agli occhi di tutti è un orfano, che dovrà lottare negli anni a venire non soltanto con i suoi demoni interiori (la rabbia, il senso di abbandono, il dolore che sembra schiantarti), ma anche con gli sguardi compassionevoli degli altri, con la pietà, con il disagio che gli adulti - estranei e non - provano nel doversi confontare con una realtà di dolore.
Massimo è solo. E' piccolo, è un bambino ed è solo ad affrontare una vita diversa da quella che aveva immaginato, una vita nella quale, da un momento all'altro, la sua mamma è stata cancellata da quella che semplicisticamente gli hanno definito come "brutta malattia". Niente più carezze consolatorie, niente più sorrisi orgogliosi davanti ai suoi piccoli, malfermi tentativi di approccio al disegno, niente più bacio della buonanotte. Accanto al padre, infiacchito dal dolore, lentamente Massimo cresce, matura, covando sempre nell'animo quel senso di abbandono, quella rabbia, fino al momento in cui, adulto, non si rende conto che è arrivato il momento di combattere i suoi demoni, lasciandoli venire alla luce. E affrontare finalmente il suo passato, scoprendo - ennesimo colpo al cuore, ennesima folata con cui la vita tenta di spezzarlo, invano -la verità su sua madre, e su quella lontana notte del 31 dicembre in cui tutto è iniziato.
Un libro straordinario, poetico, doloroso, talmente intimo che ti senti quasi in colpa, un libro che affronti in silenzio, in punta di piedi, con rispetto, come va affrontato il dolore.
Ma anche un libro di speranza, di rinascita, di lenta maturazione.
Ammetto di aver pianto tanto. E, per tornare alla mia premessa iniziale, l'ho fatto perchè mi rendo conto di averlo letto, dalla prima all'ultima pagina, attraverso i miei occhi, gli occhi di una mamma.
Una mamma strappata al proprio bambino, che non lo vede crescere, sbagliare, affrontare disorientato l'adolescenza per poi trovare una sua strada e diventare un uomo. Il dolore ha mille sfaccettature e mille modi di essere vissuto, ed in questo libro li ritroviamo tutti.
Il dolore rabbioso di un bambino alla quale sua madre viene ingiustamente strappata.
Il dolore amaro di un marito che vede appassire e sfiorire la donna che ha amato, senza poter fare nulla per impedirlo.
Il dolore accecante di una madre che perde la speranza, e si lascia andare benchè questo significhi non poter più, ogni notte, rimboccare silenziosamente le coperte al proprio bambino addormentato, sfiorandolo con un bacio silenzioso.


UN ASSAGGIO:

"L'operazione alle tonsille doveva essere stata un male bellissimo. La convalescenza mi aveva tenuto lontano dai compiti per settimane, in compagnia dei gelati della mamma e del mio rifugio segreto: il Sottomarino.
A una certa ora del pomeriggio abbassavo le serrande e mi infilavo nel letto all'incontrario, la testa in fondo e i piedi sotto il cuscino.
Effettuavo le immersioni in solitudine, però nei casi più delicati mi facevo scortare da Nemecsek, il ragazzo della via Pal che in una pagina del libro letta dalla mamma,e  facilmente riconoscibile perchè l'avevo imbrattata con la saliva dei miei singhiozzi, si trascina in strada nonostante sia moribondo per aiutare i compagni nella battaglia decisiva.
I nemici circondavano il Sottomarino da ogni parte. Ma io, protetto dal velo magico delle lenzuola, resistevo ai loro assalti fino all'arrivo della mamma con il vassoio della merenda. Quella fantasia mi trasmetteva un senso di sicurezza che in seguito avrei ritrovato soltanto nella scrittura.
La mattina dei funerali mi chiusi in camera e attesi che la bara fosse uscita di casa. Abbassai le serrande, mi infilai all'incontrario sotto le lenzuola e salii a bordo del Sottomarino con un bisogno disperato di dichiarare guerra al mondo intero. Ma non riuscivo più a trovare i nemici. Erano tutti dentro di me."