martedì 15 dicembre 2015

KATE DI CAMILLO - Lo straordinario viaggio di Edward Tulane

DOVE: in viaggio attraverso gli USA
QUANDO: inizi del '900

Ecco una storiella in cui mi sono imbattuta per caso, curiosando tra gli scaffali del reparto "ragazzi" della libreria. Chissà perchè. Forse è stata la copertina dal gusto retrò, o forse quell'assaggio sul retro della copertina:
"Apri il tuo cuore. Qualcuno verrà. Qualcuno verrà anche per te", che pareva strizzare l'occhiolino proprio a una mamma separata trentaseienne reduce da una serie (manco particolarmente lunga) di delusioni amorose che per carità, non hanno mai ammazzato nessuno, ma danno certamente una botta al tuo spirito positivo.
Insomma, per farla breve, ho deciso che Edward Tulane sarebbe venuto a casa con me, e così è stato.
L'ho divorato in un pomeriggio, scoprendo così una deliziosa storiella nata per i ragazzi ma perfetta anche per noi ragazzi "stagionati", in cui un coniglio di stoffa molto orgoglioso, molto soddisfatto, molto viziato e al quale era stato dato il pomposo nome di Edward Tulane, tutto ad un tratto perde tutto.
Perde la sua casetta confortevole in Egypt Street, i suoi vestiti eleganti, ma soprattutto perde Abileine, la bambina che prendendosi cura di lui lo aveva reso quello che era.
Improvvisamente solo, tra le onde gelide del mare, con una nave che si allontana e senza possibilità di chiedere aiuto il pupazzo si sente disperato e solo, ignaro del fatto che quello non è che l'inizio di una serie di capovolgimenti del destino, che a partire da una spiaggia ed un vecchio pescatore generoso lo porterà in un lungo viaggio attraverso gli Stati Uniti, passando da un proprietario all'altro, da un vestito all'altro, da un nome all'altro.
E in questo viaggio, come spesso accade nei viaggi, il nostro amico riflette sul suo passato, e si rende conto di sentire immensamente la mancanza di Abileine, ma soprattutto si pente di non averla mai amata davvero, perso come era nella contemplazione di sè stesso e della sua perfetta, grassa soddisfazione.
Ma come può, un vecchio coniglio di stoffa, ritrovare la sua padroncina, partita anni prima per Londra?

Un racconto piacevole e pieno di speranza per tutti, grandi e piccini.
E se qualcuno si stesse chiedendo se alla fine, qualcuno è venuto, come prometteva alla sottoscritta la quarta di copertina, ebbene sì, qualcuno è venuto.
Evidentemente bastava aprire il cuore, come insegna Edward Tulane... ^_^

UN ASSAGGIO:

" Così scorrevano i giorni di Edward, uno dopo l'altro, senza che niente di notevole accadesse; oh sì, di tanto in tanto scoppiava un piccolo dramma domestico. Una volta, mentre Alibeine era a scuola, il cane del vicino, un boxer pezzato maschio che, per qualche strano motivo, era stato chiamato Rosie, s'intrufolò in casa senza essere invitato nè annunciato e sollevò la zampa contro il tavolo in sala da pranzo, spruzzando di pipì la tovaglia candida.
Poi trotterellò per la stanza, annusò Edward e, prima che il coniglio avesse il tempo di riflettere sulle implicazioni dell'essere annusato da un cane, si ritrovò tra le fauci di Rosie, che lo scrollava vigorosamente, sue e giù e avanti e indietro, righiando e sbavando."

mercoledì 9 dicembre 2015

AA VV - Storie del terrore da un minuto

DOVE e QUANDO: in diversi tempi e in diversi luoghi

Pur non essendo un'amante delle raccolte di racconti, di tanto in tanto mi ritrovo ad esserne attratta, specialmente quando trattano temi "stuzzicanti" come la paura, l'horror, il mistero.
Tra le primissime recensioni del mio blog spiccano i Racconti dei Vedovi Neri di Asimov,  originalissima raccolta di brevi storie a metà tra il giallo ed il test di logica, che anzi consiglio vivamente di inserire tra i regali natalizi di un appassionato del genere. In quel caso era stato non ricordo più quale programma alla radio ad averlo menzionato e ad incuriosirmi.
Stavolta è stato invece curiosando su Amazon che sono stata colpita (ed affondata) fin dalla copertina.
Cosa significa storie del terrore da un minuto? Esattamente questo. Racconti brevi, brevissimi, da mandare giù d'un fiato come i pasticcini da tè. Settantadue racconti per altrettanti autori ( e, badate bene, che tra di essi spiccano Michael Connelly, Neil Gaiman, James Patterson ed altri), il tutto condensato in poco più di centoventi pagine. Molti dei racconti non sono che poche, pochissime righe ma noi amanti della lettura sappiamo più che bene che ne bastano poche, pochissime, per produrre una miriade di emozioni.
Piccole istantanee, poco più di ombre fugaci nelle quali tutto può accadere. Presenze inquietanti. Incontri. Il destino che ti porta al posto sbagliato nel momento sbagliato. Spettri. Coltelli.
I miei preferiti? "Una storia brevissima" di Hollie Black,  "E bene che tu lo sappia" di Lemony Snicket, "Io non ho paura" di Dan Gutman, "Il mio peggiore incubo" di R.L. Stine.
Un libro che consiglio vivamente perchè dimostra - se mai ce ne fosse stato bisogno - che chi sa scrivere davvero riesce, con pochissime parole ben assestate, a generare nella nostra mente una storia. E se ancora dubitate di questo, vi invito a pagina 19, "La leggenda di Alexandra e Rose" di Jon Klassen, al quale di parole ne bastano davvero pochissime.....

UN ASSAGGIO:

"I genitori avevano detto a Russell che non c'era niente sotto il suo letto, ma lui non ci credeva.
Certo, suo padre aveva acceso la luce e sollevato i lembi delle coperte che sfioravano il pavimento, per mostrargli che non c'era nulla, ma la cosa che viveva sotto il suo letto era ritornata non appena le luci si erano spente di nuovo. La sentiva, ne avvertiva la presenza, certissima come se fosse stata parte di lui, e sapeva che da qualunque lato del letto avesse tentato di scendere, la cosa sarebbe riuscita a raggiungerlo e ad acciuffarlo.
Aveva dei tentacoli.
Fino a quando Russell fosse  rimasto perfettamente immobile sotto le coperte, fino a quando un piede o una mano non fossero sbucati fuori dal letto durante la notte, sarebbe riuscito ad arrivare sano e salvo fino al mattino.
Il problema era che Russell doveva andare in bagno.
D'urgenza."




mercoledì 18 novembre 2015

ANDREA DE CARLO - Due di Due

DOVE: Tra Milano e l'Umbria, passando per la Grecia
QUANDO: a cavallo tra la fine degli anni '60 e gli anni '80

Eccomi qui, con un ritardo a dir poco mostruoso. Continuo a ripromettermi di far riprendere al blog un ritmo regolare ma un po' i piccoli impegni quotidiani tra lavoro e figlio, un po' il computer vecchio che ti fa passare la voglia di accenderlo, finisco sempre per rimandare.
Ma andiamo con ordine, per quanto possibile.
Millenni fa, partecipai con immenso piacere ad un piccolo giveaway organizzato dal blog My Caffè Letterario, in occasione della bellissima iniziativa Io Leggo Perchè.
 Due i titoli in palio in tale occasione: il bellissimo Oceano Mare di Baricco (che io adoro e ho già letto, straletto e commentato) e un libro di Andrea De Carlo che mi aveva sempre incuriosito ma che ancora non avevo avuto il piacere di leggere. Detto, fatto: ho partecipato, e qualche tempo dopo, in un bel pacchettino giallo, l'ho ricevuto, mi sono messa comoda, e sono partita per questo nuovo viaggio. Tra l'altro, diretto verso una meta "inesplorata", almeno per quanto mi riguarda, dal punto di vista letterario: quegli anni della contestazione che i miei genitori hanno attraversato più o meno di striscio.
Eccoci qui, in un liceo della Milano benestante, dove tutto ha inizio. Siamo alla fine degli anni '60, la contestazione studentesca attendeva solo una miccia che la facesse esplodere quando Mario e Guido si incontrano. Timido il primo, fascinosamente asociale il secondo, stringono tra loro una solida amicizia che li legherà per anni, anche quando la vita e le scelte li divideranno. I primi amori, il motorino, le famiglie distaccate e prese dalla loro vita "bene", i banchi di scuola, le barricate, i megafoni, le assemblee.. e poi la maturità, il mondo improvvisamente - e inaspettatamente - a portata di mano, gli ideali, la voglia di credere in un mondo migliore, il proprio viso che, giorno dopo giorno, si trasforma al di là dello specchio ed improvvisamente ritrovare i lineamenti di un uomo là dove c'erano quelli di un ragazzo... I due attraversano talvolta insieme, talvolta a distanza, tutte queste tappe dolci e amare che costituiscono i tasselli della vita, accomunati entrambi dalla delusione e dalla nausea per la società in cui vivono, ma reagendo ad esse in maniera diametralmente opposta: Guido alternando una rabbia cieca a filo dell'autodistruzione con momenti di apatia e sconforto; Mario con costruttività e un ottimismo a un passo dall'utopia.
Tra una Milano rigida e schematica, una tappa in Grecia che ha il profumo della libertà e delle possibilità infinite, passando per Londra, l'Australia e una quieta coppia di casali - poco più di un rudere - lontano da tutto e tutti, nel cuore dell'Umbria,  due giovani italiani che sperano in un futuro diverso e migliore... esiste un tema più attuale di questo?

UN ASSAGGIO:

" Nei pomeriggi andavamo all'Università, pieni di aspettative fin da quando giravamo l'angolo della via. Ci aggiravamo nel fumo di sigaretta per le aule e gradinate dove si parlava di come trasformare tutto, e ci sembrava una dimensione molto più autentica e arrischiata di quella del nostro liceo.Eravamo affascinati dagli studenti universitari: dalle loro giacche di tela verde militare e la loro aria adulta, l'ironia e la conoscenza del mondo, la pericolosità pronta a manifestarsi.Ci rendevamo conto che era una specie di gioco romantico, dove ognuno si inventava un personaggio in base ai modelli letterari o storici o pittorici o musicali che aveva, ma in quella fase della nostra vita eravamo pronti a prenderlo per buono, usarlo come punto di partenza per le nostre fantasie.
Dai discorsi che ascoltavamo uscivano immagini di altri possibili mondi, realizzati in altri paesi o solo pensati, rimasti semplici disegni nell'aria. Tutti si erano messi a scavare nella storia lungo tracciati diversi da quello della nostra educazione scolastica: ogni giorno facevano nuove scoperte che quasi subito entravano in contrasto tra loro."

giovedì 30 luglio 2015

JAMES MATTEW BARRIE - Peter Pan

DOVE: Tra Londra e l'Isola Che non c'è
QUANDO: Inizio '900

Dopo l'Isola del Tesoro, di nuovo un superclassico delle letture destinate ai più giovani, e di nuovo pirati. Stavolta sulla trama c'è ben poco da dire... chi di noi non conosce, fosse solo per la memorabile trasposizione cinematografica della Disney, la storia del bambino che non voleva crescere, della sua capricciosa amica fatata Trilly e di tutta l'allegra brigata di Bambini Smarriti? Quel che accade lo sappiamo già: Peter che smarrisce la sua ombra nella cameretta di Wendy e dei suoi due fratelli, i tre bambini che lo sorprendono mentre cerca di riattaccarsela col sapone, e partono con lui in un'avventura meravigliosa nell'Isola Che Non C'è, tra indiani, pirati, sirene, fatine luccicanti e coccodrilli che hanno inghiottito una provvidenziale sveglia, la quale ( "tic toc tic toc tic toc") avverte i malcapitati del suo lento avvicinarsi.
Quel che va detto però è che l'atmosfera del libro, pur non raggiungendo l'intensità dark del mondo creato da John Connolly (qui la recensione del suo "Il Libro delle Cose Perdute"), lascia comunque l'amaro in bocca. Tanto per cominciare, qui si combatte, e sul serio. Peter poi, per quanto affascinante, si mostra ben presto nella sua vera essenza di creatura volubile ed egoista (prevedibile, dopotutto, considerando che si tratta di un eterno bambino), che, mollata la paziente Wendy a far da mamma ai suoi scombussolati compagni, riprende ben presto le sue scorrerie avventurose attraverso l'isola, dimenticandosi quasi di lei e dei suoi due fratelli.
I tre piccoli Darling, dal canto loro, subito avvolti nel turbinio adrenalinico di mille avventure, dimenticano ben presto i loro amati genitori, lasciandosi dolcemente cullare da quella sorta di malsano oblio che l'Isola sembra portare,come effetto collaterale, per chi la visita.
E che ne sarà di loro, quando cadranno tutti prigionieri del temibile Capitano Uncino e della sua ciurma sanguinaria?
E Peter? Riuscirà a sfuggire alla sleale trappola tesagli da Uncino, ed a salvare sè stesso e i suoi compagni?
L'inevitabile lieto fine (è pur sempre un racconto per ragazzi, dopotutto!) richiederà ai tre piccoli londinesi ed ai loro nuovi amici di sfoderare tutto il coraggio dei loro cuori di bambini.
Intanto, nella lontanissima Londra, i due genitori e l'affezionatissima cagnolona-bambinaia Nana, si struggono di dolore per la misteriosa scomparsa dei tre piccoli....
Stile semplice, deliziosamente ironico, poetico a tratti, per trattare l'annoso contrasto tra l'arido e sterile mondo degli adulti e quello, passionale e a tratti crudele dell'infanzia.

PS: Il finale - badate bene, un finale diverso rispetto a quello proposto da Disney ^_^ - è semplicemente delizioso.....


UN ASSAGGIO:
"Alla signora Darling piaceva fare le cose per bene e il signor Darling non voleva essere da meno dei vicini, perciò non c'è da stupirsi se assunsero una bambinaia. Siccome però essi erano poveri, e tenendo conto della grande quantità di latte consumata dai bambini, questa bambinaia fu una grossa cagna di Terranova che non era appartenuta in particolare a nessuno finchè i Darling non l'avevano presa in casa. Nana aveva sempre tenuto in grande considerazione i bambini. I Darling, infatti, avevano fatto la sua conoscenza ai giardini di Kensington, dove essa passava la maggior paere del suo tempo libero ficcando il naso nelle carrozzelle dei bambini. Era perciò molto odiata dalle bambinaie sbadate che essa seguiva fino alle loro case e accusava di negligenza presso le padrone.
Nana si dimostrò subito un tesoro di bambinaia. Era un piacere vederla quando faceva il bagno ai bambini, e si poteva essere certi che balzava in piedi a ogni momento della notte se li udiva piangere o agitarsi nei loro lettucci.
Naturalmente il suo canile era nella stanza da letto dei piccoli Darling.
Nana aveva un intuito particolare per capire se la tosse era una cosa da niente, o se occorreva avvolgere il collo in una sciarpa di lana. Fino all'ultimo giorno della sua vita ebbe fiducia nei medicamenti antichi, come le foglie di rabarbaro, e manifestò con sordi brontolii il suo disprezzo per tutte le sciocche fandonie sui bacilli e cose del genere."

mercoledì 8 luglio 2015

ROBERT LOUIS STEVENSON - L'isola del Tesoro

DOVE: Tra Inghilterra e Caraibi
QUANDO: Diciottesimo Secolo

Alla fine, è arrivata l'afa. Sudore, zanzare, rari aliti di vento tiepido che fanno tirare di tanto in tanto una boccata d'aria. Giornate lente e bollenti come in un girarrosto. Metteteci pure che ho già consumato le mie ferie il mese scorso... insomma, il risultato è una grande, sterminata nostalgia del mare. Sarà per quello che all'improvviso, alla soglia dei trentasei anni, mi è venuto il desiderio improvviso di leggere una bella storia di pirati, viaggi in mare, salsedine, vele ondeggianti al vento e navi che tagliano le creste spumeggianti delle onde. Detto, fatto, mi sono gettata a capofitto in un classico dei classici, la madre di tutte le storie di pirati, quella che - per farvi capire - ha partorito l'immagine leggendaria di Long John Silver, gamba di legno e pappagallo ammaestrato sulla spalla, stereotipo del pirata nei secoli a venire. Divorato in tre giorni o poco più, tanto è scorrevole e avvincente.
La storia è abbastanza semplice: siamo sulla costa inglese nel millesettecento e qualcosa, poco distante da Bristol. Il giovane Jim Hawkins, ragazzino dall'animo avventuroso, aiuta i suoi genitori a gestire la Locanda dell'Ammiraglio Benbow, piccolo albergo che offre ospitalità e cibo caldo alla gente di mare di passaggio. Un posto tutto sommato tranquillo, che consente loro di vivere dignitosamente ma senza lussi, finchè un personaggio tanto sudicio quanto misterioso non fa ingresso nelle loro vite. Si fa chiamare il Capitano, e a parte l'apparenza poco raccomandabile e una malsana passione per il rhum in un primo momento non sembra creare problemi particolari alla famiglia di Jim, fino a quando non cominciano a presentarsi alla locanda alcuni ceffi dall'aspetto - se possibile - ancor meno raccomandabile, che sembrano avere con il Capitano delle vecchie questioni in sopeso.
E cosa accade quando, alla morte di costui, Jim scoprirà tra i suoi averi una carta che ha tutta l'aria di essere la mappa di un tesoro? Resisterà alla tentazione di partire per un viaggio avventuroso? Inutile dire che no, lui non resiste, e si imbarca assieme al Dottor Livesey - colui che ha seguito fino all'ultimo la lenta malattia del papà di Jim, nonchè la truce morte del Capitano -e ad altri uomini, unico ragazzo a bordo della Hispaniola, dove conoscerà ben presto la duplicità, l'inganno, la crudeltà e il cinismo degli adulti, resi avidi dalla prospettiva di ricchezza. E quell'equipaggio di uomini esperti reclutati dall'armatore in tutta fretta, sarà poi affidabile?
Un classico dell'avventura, pieno di adrenalina, spruzzi di spuma, odore di polvere da sparo, assalti all'arma bianca, sangue e sudore, scricchiolio del legno cullato dalle onde, fiumi di rhum, tatuaggi, canzonacce da ubriachi intorno al fuoco, emozioni, coraggio e tradimenti, oltre all'immancabile Jolly Roger, la bandiera con il teschio e le ossa incrociate sul fondo nero, insomma un perfetto mix di ingredienti per una lettura da ombrellone ^_^.
L'ho adorato, e non ho potuto non comprare la versione ridotta per mio figlio di sei anni, che non vedo l'ora di leggere assieme. Perchè, malgrado io sia anche una grande lettrice dei contemporanei, non posso negare che i classici hanno per me un fascino diverso, unico particolare ed inarrivabile....

UN ASSAGGIO:
Il signor Trelawney aveva preso alloggio in un albergo vicino al molo per poter dirigere i lavori sulla goletta. Eravamo diretti lì, e con mia grande gioia la strada correva lungo le banchine costeggiando una fila di bastimenti di ogni forma, attrezzatura e paese. Su qualcuno i marinai accompagnavano il lavoro con il canto; in altri vedevo sopra la mia testa uomini sospesi in aria da fili che non sembravano più grossi di una ragnatela. Benchè avessi trascorso sulla spiaggia tutta la mia vita, mi pareva di non essermi mai avvicinato al mare prima di allora. L'odore del catrame e quello della salsedine mi sembravano nuovi. vedevo le più straordinarie polene che avevano percorso mari lontani. Vedevo parecchi marinai anziani con anelli alle orecchie, baffoni arricciati, codini incatramati, e quella loro ondeggiante goffa andatura. Non avrei provato maggiore entusiasmo se avessi visto re o cardinali.
Io stesso stavo per prendere il mare; e in una goletta, con un nostromo che suonava il piffero, e marinai con i codini incatramati che cantavano; in mare, verso un'isola sconosciuta, alla ricerca di tesori nascosti! Mentre mi andavo cullando in questo sogno, arrivammo improvvisamente di fronte ad un albergo e incontrammo il signor Trelawney, vestito da ufficiale di marina con una divisa di pesante panno blu, che stava uscendo con il sorriso sulle labbra e imitando alla perfezione l'andatura dell'uomo di mare.

domenica 7 giugno 2015

ANTOINE DE SAINT EXUPERY - Volo di Notte e L'Aviatore

DOVE: in volo sopra al Sudamerica
QUANDO: agli inizi del '900

Decisamente, la Newton Compton continua ad avere il merito di proporre, a un prezzo tutto sommato contenuto, piccole "chicche", testi meno noti di autori celebri che costituiscono uno sfizioso spuntino per gli amanti dei classici come me.
Ecco qui che nel cestone di un supermercato mi imbatto in Antoine de Saint Exupery, il cui Piccolo Principe è stato uno dei miei primi approcci al mondo della lettura ( assieme a Pinocchio e Alice nel Paese delle Meraviglie) ed ha poi continuato ad accompagnarmi, anno dopo anno, con il suo preziosissimo spirito poetico. Stavolta però, l'occasione era ghiottissima, perchè il romanzo in questione  ( o sarebbe meglio dire, la coppia di racconti) rappresenta una finestra autobiografica nella quale l'autore racconta la sua esperienza di pilota. Potevo lasciarmi sfuggire l'occasione di viaggiare seduta a fianco ai coraggiosissimi pionieri che, quando l'aviazione muoveva i primi traballanti passi sui cieli del mondo, si lanciano in una sfida contro i limiti dell'uomo per congiungere tra loro luoghi lontanissimi, consentendo alla posta di valicare tempeste, montagne dai ghiacciai aguzzi e boschi intricati per raggiungere il calore di una casa nella quale dischiudere come un fiore profumato il proprio messaggio?
Eccoci dunque, in viaggio. E che viaggio, ragazzi. Perchè per noi gente del Ventunesimo Secolo pare tutto estremamente semplice, perfino superato, nell'epoca di Skype e Whatsapp. Imbucare una lettera è un gesto ormai desueto, ed in ogni caso senza alcunchè di miracoloso. La lettera viene inghiottita dalla cassetta in una parte del mondo e una più o meno solerte catena di uomini e mezzi fa sì che, qualche giorno dopo, venga depositata nella cassetta del destinatario, anche a centinaia di chilometri di distanza. In mezzo, una semplice routine.
Ma salite con Fabien su uno dei primissimi aerei, minuscoli agglomerati di metallo e luci che, in barba alle leggi della fisica - e sotto la spinta dell'ordine rigidissimo impartito da Riviere, responsabile del servizio postale - decolla in una notte di tempesta per consegnare la posta, da uno scalo all'altro, attraverso la Patagonia fino alla sua partenza per l'Europa, e vi renderete conto di quello che voleva dire, per questi uomini, compiere il loro lavoro.
Nella quieta notte sudamericana, mentre le città addormentate punteggiano il paesaggio con le loro migliaia di luci, sono in pochi a vegliare, sotto la tempesta che avvolge come un manto il cielo notturno.
Riviere, appunto, nel suo ufficio, insonne sotto il peso della responsabilità di aver preso forse la decisione sbagliata.
Fabien, in alto, in balia della nebbia e degli strumenti che non obbediscono, con l'occhio alla spia di carburante, insieme al telegrafista, piccoli esseri umani abbandonati a sè stessi in mezzo ad un uragano.
La moglie di Fabien, tormentata dall'ansia di un letto vuoto, in attesa di notizie che tardano ad arrivare.
Un racconto breve, denso di silenzi, pioggia e sentimenti, così come il secondo, quello in cui conosciamo Bernis - pilota esperto, infilato nella sua giacca che odora di naftalina - e il giovane allievo Pichon, a lui assegnato per il suo primo volo.
Anche in questo caso, emozione, adrenalina e la consapevolezza di essere testimoni di un qualcosa di umanamente miracoloso; il sogno dei sogni, l'uomo che smettere di essere ancorato alla terra ed è in grado di librarsi in volo sfidando forse uno dei più grandi limiti che la Natura sembrerebbe avergli imposto.
Quando il confine tra schiantarsi e atterrare era ancora tutto sommato labile, riscopriamo la meraviglia e lo stupore degli uomini comuni verso questi eroi moderni in lotta contro la forza di gravità.
Un delizioso balzo indietro nel tempo, che si legge d'un fiato, anche solo per il gusto di poter rivivere - con gli occhi degli uomini di allora - uno dei più grandi passi in avanti compiuti dal progresso.

UN ASSAGGIO:

"La moglie del pilota, svegliata dal telefono, guardò il marito e pensò:
'Lo lascio dormire ancora un po''
Lo guardava. Le piaceva quel torace nudo, ampio, carenato come una bella nave.
Lui riposava nel letto calmo, come in un porto, e, perchè nulla disturbasse il suo sonno, lei cancellava con un dito una piega, un'onda, un'ombra, quietava quel letto, come un dito divino il mare.
La donna si alzò, aprì la finestra e il vento le sferzò il viso. La camera dominava Buenos Aires. Da una casa vicina, dove si ballava, giungevano melodie portate dal vento, era l'ora del piacere e del riposo. La città racchiudeva gli uomini in centomila fortezze; tutto era calmo e sicuro; ma alla donna pareva che stessero per gridare 'all'armi!' e un solo uomo, il suo, sarebbe accorso.
Lui dormiva ancora, ma il suo sonno era il riposo tremendo dei soldati in trincea in procinto di esporsi al fuoco. Quella città addormentata non lo proteggeva: le sue luci gli sarebbero parse un nulla quando si fosse sollevato, giovane dio, dal loro sfavillio. Lei guardava quelle braccia forti che, tra un'ora, avrebbero tenuto in pugno il destino del corriere dell'Europa, responsabili di qualcosa di grande, quasi la sorte di una città"

domenica 10 maggio 2015

MICHAEL ENDE - La storia Infinita

DOVE: nel mondo della Fantasia collettiva
QUANDO: in un tempo senza tempo.

Quando ho aperto questo blog, anni fa, ho dichiarato nel mio primo post che il senso dello stesso era: leggere è un viaggio, non devo far altro che scegliere una meta dagli scaffali della libreria, e partire. Non a caso, nell'intestazione della homepage ho subito piazzato il riferimento ad uno dei pilastri della mia giovinezza: la trasposizione cinematografica del capolavoro di Michael Ende "La Storia Infinita". Ebbene sì, il film, perchè - mea culpa mea culpa mea maxima culpa - una lettrice onnivora come me (ed onnivora fin dalla più tenera età, aggiungerei!) fino a qualche anno fa non aveva mai avuto in mano l'opera originaria. Proprio io, che vivo i libri con l'intensità del Bastian del film, avvolta in una coperta impolverata durante un temporale e completamente estraniata dal mondo, solo in età adulta mi accosto al capolavoro dei capolavori?
Meglio tardi che mai, diciamo così. Solo lo scorso anno, quando in libreria cercando libri per mio figlio mi imbatto in Michael Ende, mi rendo conto che è giunta l'ora di sanare questa mancanza; ed inutile dire che scopro di essermi persa - in tutti questi anni - "IL" libro... perlomeno per gli appassionati di lettura.
Il film, seppur mirabilmente, non ne copre che una piccolissima parte, quella iniziale. La vera storia di Bastian - anzi, di Bastiano Baldassarre Bucci, questo il nome che Ende aveva dato al suo piccolo protagonista - inizia solo allora.
Ma procediamo con ordine, anche se immagino che la storia, perlomeno nella sua parte iniziale, sia nota a tutti. Bastiano, dodicenne introverso, cicciottello, pacifico ed inevitabile bersaglio di alcuni compagni di scuola, vive solo con il padre e con il dolce, lontano ricordo di una mamma scomparsa quando era ancora piccolo. Un giorno, proprio per sfuggire all'ennesima angheria dei bulletti che lo perseguitano, si intrufola in una vecchia libreria dove, incuriosito dal titolo del libro che il burbero libraio sta leggendo, decide di prenderlo in prestito. Eh sì, perchè manco a dirlo il timido e cicciottello Bastiano nutre un amore sconfinato per la lettura. Talmente sconfinato che, giunto in ritardo a scuola, si rintana in una vecchia soffitta e si mette immediatamente a leggere, finendo così per essere catapultato in una storia avventurosa e singolare.
Nel mondo di Fantasia, decine e centinaia di creature bizzarre - Centauri, Incubini, Minuscolini e chi più ne ha più ne metta - si sono radunati in preda al panico presso la splendente Torre Di Avorio, dimora della loro sovrana, l'Infanta Imperatrice, sperando che lei sappia aiutarli. Fantasia, lo scintillante e sconfinato regno di Fantasia, sta infatti scomparendo a poco a poco, inghiottito da un Nulla del quale nessuno conosce l'origine e che avanza inarrestabile, passo dopo passo, divorando silenziosamente tutto ciò che incontra, inclusi gli inermi abitanti. Giunto però alla Torre Di Avorio, questo multiforme popolo di Fantasia viene a conoscenza di un'altra, agghiacciante notizia: anche la loro amatissima sovrana è in pericolo, divorata da una malattia che nessuno pare in grado di curare e che sembra essere in qualche modo legata al Nulla. L'unica speranza di Fantasia risiede in un giovane e coraggioso Pelleverde, Atreiu, al quale viene affidato il preziosissimo AURYN, simbolo dell'Infanta Imperatrice, assieme all'incarico di partire alla ricerca di qualcosa o qualcuno che possa salvarla.
Pagina dopo pagina, nel silenzio della soffitta, Bastiano si immerge a tal punto nella lettura che comincia a suggestionarsi; sembra quasi che i personaggi della storia siano in un qualche modo a conoscenza della sua esistenza. Anzi, più prosegue più si rende conto di essere egli stesso parte integrante della storia, fino a ritrovarsi catapultato egli stesso a Fantasia, al fianco di Atreiu.
Ecco dunque che il timido e goffo Bastiano si ritrova ad avere l'immenso potere di cambiare le sorti di Fantasia con i suoi desideri; e più ne esprime più si rende conto di trasformarsi diventando sicuro di sè, bello e splendente come l'eroe di un romanzo deve essere.
Attraversando il regno di Fantasia, da lettore diventa egli stesso protagonista della Storia Infinita; ma sarà in grado di reggere ad una responsabilità tanto grande? Questo straordinario potere non finirà per trasformare il suo cuore? E cosa accadrà quando, lentamente, i ricordi della sua vita precedente - quando era semplicemente Bastiano, il ragazzino cicciottello che i compagni di scuola prendevano di mira e non l'eroe scintillante che cavalca attraverso Fantasia - cominceranno a svanire?

Un capolavoro che tutti dovrebbero leggere. Una storia che ti invischia e ti tira dentro, zeppa di personaggi strabilianti, dal Leone Graograman che regna sul deserto colorato ai piangenti Acharai, le creature più infelici di Fantasia fino alla perfida ed affascinante maga Xayde, le meravigliose creature partorite dalla sconfinata fantasia di Ende si susseguono, affollando le pagine del libro tra le quali - manco a dirlo - pare di sciogliersi per ritrovarsi dall'altra parte, a cavalcare assieme ad Atreiu e Bastiano. Un delizioso ritorno all'infanzia, con il retrogusto amaro che lascia il pensiero che - ahimè - nell'era dei tablet siano pochi i ragazzini che sarebbero in grado di far risorgere Fantasia contro il Nulla....

UN ASSAGGIO:

"Quando si risvegliò Atreiu si sentì fresco come una rosa e pieno di energie. Si sollevò a sedere.
Era notte, la luna brillava chiarissima e Atreiu vide che si trovava nello stesso punto dove era crollato, accanto al drago. Anche Fucùr giaceva lì disteso come prima, ma ora il suo respiro era profondo e regolare e pareva che dormisse sodo. Tutte le sue ferite erano state fasciate.
Atreiu si accorse che anche la sua spalla era stata bendata nello stesso modo, cioè non con bende di garza, bensì con filamenti di erbe e di piante.
A pochi passi di distanza si apriva nella roccia una piccola grotta e dal suo ingresso veniva un debole raggio di luce.
Senza muovere il braccio sinistro, Atreiu si sollevò cauto e si diresse verso l'apertura della grotta, che era molto bassa. Si chinò e vide all'interno una stanza che pareva un laboratorio d'alchimista, tutto in miniatura. Sul fondo della stanza, in un camino aperto crepitava un allegro focherello. Dappertutto erano sparsi vasi, barattoli e bottiglie dalle forme più strane. Su uno scaffale stavano allineati fasci di erbe secche di diverse qualità. Il minuscolo tavolo nel mezzo della stanza e il resto dei mobili parevano fabbricati con legno di radica. Nel complesso quell'abitazione aveva un aspetto quanto mai gradevole e simpatico.
Solo quando udì un colpetto di tosse, Atreiu si accorse che davanti al camino c'era un omino piccino sprofondato in una poltrona."

domenica 19 aprile 2015

Daniel Pennac - La Prosivendola

DOVE: Belleville, quartiere di Parigi
QUANDO: ai giorni nostri

Prendete Benjamin Malaussene, di professione "capro espiatorio", fortunato personaggio creato dall'ingegno di un genio contemporaneo della letteratura quale Daniel Pennac.
Aggiungete la sua immancabile e poco convenzionale famiglia (una mamma in perenne fuga d'amore, Therese e la sua incrollabile fede nell'astrologia, Verdun col suo inquietante sguardo di neonata, il festoso cane Julius con le sue crisi epilettiche, e chi più ne ha più ne metta), un misterioso e brutale omicidio che coinvolge il direttore di un penitenziario modello - nonchè futuro marito di Clara, sorella prediletta di Malaussene; aggiungete ancora la tirannica Zabo, "regina" e direttrice della Casa Editrice Edizioni del Taglione e un misterioso scrittore di  scialbi ma fortunati best-seller che chiede a quest'ultima di procurargli un "volto" per presenziare  al suo posto le conferenze stampa in occasione del lancio della sua prossima opera. Metteteci infine un attentato che riduce - ahimè - in fin di vita il nostro protagonista, proprio in occasione di uno di tali incontri con la stampa (perchè, manco a dirlo, il "volto" prescelto altri non è che quello di Malaussene).
Questi, molto in breve, gli ingredienti che fanno de "La Prosivendola" uno scoppiettante intreccio tra il grottesco ed il noir, il tutto naturalmente abbondantemente condito coi colori sgargianti e i profumi pungenti e speziati della multietnica Belleville, sfondo immancabile delle vicende targate Malaussene.
Che altro aggiungere? Pennac è Pennac, con il suo stile ironico, surreale, rapido e diretto. Di lui avevo già recensito un'insolita vicenda ambientata in un pronto soccorso parigino; ma è con la famiglia Malaussene che Pennac a mio parere sfodera tutte le sue armi. Tra il dolce e l'amaro - ebbene sì, poichè in questo romanzo il povero Malaussene lo ritroviamo per tutto il dipanarsi della vicenda ridotto a un vegetale su un letto di ospedale, vigile e cosciente eppure nell'impossibilità di comunicare coi suoi familiari - scorrono pagina dopo pagina le storie dei suoi personaggi dai tratti inconfondibili, coloratissimi e piccanti come Belleville, mentre un confusissimo commissario Rabdomant, che già era incappato nella bizzarra tribù Malaussene ( ne Il Paradiso degli Orchi) cerca di dipanare l'intreccio. Esiste davvero un legame tra l'omicidio dell'angelico direttore di penitenziario e la sparatoria che ha coinvolto Benjiamin Malaussene, colpevole solo di indossare i panni dell'anonimo J.L.B.?
Se adorate Pennac come lo adoro io, adorerete anche questo viaggio a Belleville, carico di colpi di scena. ^_^

UN ASSAGGIO:

"Il peggio, nel peggio, è l'attesa del peggio. Il peggio, nei matrimoni, è la carovana di clacson che annuncia al mondo intero la prossima inaugurazione della sposa. Mi auguravo che si potesse scampare almeno a questo, ma pare che avremmo privato i bambini di un grande piacere. Visto che il carcere di Champrond è a sessanta chilometri da Parigi, ci siamo dovuti sciroppare sessanta chilometri di clacsonate. Un automobilista che ci avesse incrociato e guardato con un po' di attenzione avrebbe forse trovato buffo che un corteo nuziale così rumoroso scarrozzasse nelle auto infiocchettate una simile collezione di facce da funerale. Fatta eccezione per l'ultima macchina, dove hanno preso posto gli sbarbatelli (Jeremy, il Piccolo, Nourdine e Leila, paggetti e damigella d'onore), guidata da Theo, un amico fidatissimo che ho conosciuto all'epoca in cui facevo il Capro Espiatorio al Grande Magazzino in Rue du Temple. Quando gli ho chiesto se non gli scocciava venire, Theo ha risposto: "Adoro i matrimoni, non perdo mai l'occasione di vedere a cosa sono scampato. Quindi figurati, un matrimonio in galera...."
La macchina più bella è ovviamente quella della sposa, una Chambord bianca, appositamente noleggiata da Hadouch, dopo un incontro in cui ho creduto che il noleggiatore si sarebbe sparato un colpo. "No, non una BMW" diceva Hadouch "fa troppo protettore, una Mercedes nemmeno, fa zingaro, no, questa Traction no, non dobbiamo mica girare un film sulla Gestapo, niente Buick, sembrano carri funebri, è un matrimonio, cazzo, non un funerale-cioè non proprio." La cosa è andata avanti per ore, fino a quando: " E quella Chambord lì, si può noleggiare?" poi, serissimo: "Capisci, Benjamin? una Chambord bianca, quella sì, fa molto Clara."

mercoledì 25 marzo 2015

BANANA YOSHIMOTO - Moshi Moshi

DOVE: Shimokitazawa, quartiere di Tokio
QUANDO: ai giorni nostri

Sempre una delizia, i romanzi della Yoshimoto: toccanti, poetici, sfiorano delicatamente temi anche dolorosi mantenendo sempre su di essi il battito d'ali della positività. Perchè dalle esperienze dolorose si esce a testa alta e più forti di prima; ma soprattutto, questo ci insegna la Yoshimoto, anche nelle ore più cupe mai smettere di guardarsi attorno con obiettività, verso tutto quello che di bello continuiamo ad avere. Ce lo insegnava in Kitchen e ce lo insegna anche in Moshi Moshi, attraverso la storia di Yoccan e della sua rinascita dopo la morte del padre. Una morte più che tragica, perchè non solo Imo - musicista di discreto successo - si è suicidato, ma lo ha fatto insieme ad una donna della quale la giovane Yoccan e la mamma ignoravano l'esistenza, apprendendo così, brutalmente, dai poliziotti che hanno recuperato i corpi in un automobile abbandonata su una strada di campagna, non soltanto di aver perso un padre e un marito, ma anche che quel padre/marito aveva da tempo intrecciato una relazione con questa sconosciuta enigmatica e cupa.
Come si viene fuori da una botta simile? Yoccan lascia l'elegante quartiere di Meguro, dove fino ad allora aveva vissuto, per trasferirsi a Shimohitazawa ( se come me siete curiosi, qui il link alla pagina di Wikipedia con alcune foto), quartiere di Tokio affollato e commercialmente molto vivo, dove trova un modesto appartamentino ed un lavoro faticoso ma gratificante come cameriera presso il ristorante Les Lions.
Faticosamente, Yoccan risale la china, mantenendosi le giornate occupate con il lavoro e bevendosi letteralmente gli effetti benefici che il nuovo quartiere, con i suoi negozietti caratteristici, i ristorantini, il ciliegio in fiore accanto al pesante portone d'ingresso a Les Liens sembra avere.
Ma cosa accade quando sua madre decide di abbandonare anche lei l'elegante casa di Meguro e si presenta alla porta di Yoccan con una borsa Hermes carica di effetti personali, chiedendole ospitalità?
Dopo un primo momento di ovvio disappunto, la figlia accetta la convivenza, dapprima soffocando il suo istinto d'indipendenza, poi scoprendosi man mano sempre più vicina ad una mamma che, prima di essere mamma, è una donna che come lei faticosamente cerca di ricostruire una vita andata in pezzi.
Intorno a loro, un quartiere che inconsapevolmente le abbraccia e le sostiene con la sua quotidianità frenetica, le insegne colorate, i bar aperti fino a tarda notte e il Moldive intriso dell'odore del caffè fresco macinato.
Che dire di più? Come in ogni suo romanzo, Banana Yoshimoto trasuda poesia ad ogni pagina, e ti conduce per mano attraverso i profumi ed i sapori della vita - perchè è anche con il cibo che le due donne iniziano la loro lenta risalita dall'abisso.

UN ASSAGGIO:

"Ormai l'aria si era fatta fredda, era un giorno d'autunno. Strofinai il tronco del ciliegio accanto al ristorante ed entrai nella stradina con i negozi.
Mi venne in mente che in primavera, quando quel ciliegio era in piena fioritura, sulle pareti verdi del ristorante si rifletteva un colore rosa intenso ed un'atmosfera dolce, diversa dal solito, avvolgeva in un abbraccio tutto ciò che c'era intorno. I passanti alzavano gli occhi verso il ciliegio e sorridevano, come spettatori felici davanti allo schermo su cui si proietta un film.
Spazzare via i petali era un lavoraccio, ma era così bello che non sentivamo la fatica. Dopo aver provato l'emozione di vederlo in piena fioritura, ogni volta che ci passavo davanti, sia quando cadevano le corolle che in pieno inverno, lo sfioravo con la mano. Era diventata un'abitudine consolidata, uno degli istanti in cui sentivo chiaramente di vivere in quel quartiere."

domenica 8 marzo 2015

OTTO MARZO... CINQUE TITOLI per CINQUE DONNE ^_^

Otto marzo. giornata di mimose, banalità e luoghi comuni. L'otto marzo dovrebbe essere tutto l'anno, gli spogliarellisti unti e bisunti, le donne che in realtà non hanno pari opportunità e compagnia bella.

Ma nel mio blog ho scelto di occuparmi dei libri, e dei libri come mezzo per viaggiare; perciò, il mio otto marzo, è dedicato - prevedibile e scontato, ma d'altronde abbiamo detto che oggi è il giorno delle banalità, no? - ai romanzi che parlano di donne.
Ve ne consiglio cinque, ma se ne potrebbero elencare decine e decine, tante quanto le sfaccettature delle donne nella storia del mondo e della letteratura.



1. lo scorso anno proprio in occasione di questa giornata consigliai La Storia del Re Trasparente di Rosa Montero; e quest'anno ribadisco la mia scelta. Tanto per cominciare, perchè è un romanzo incantevole, scritto da una donna per parlare di una donna. Secondo, perchè è ambientato nel Medioevo ed intriso di quell'Amor Cortese che tanto decantava il sesso debole. Terzo, perchè lei, Leola, a dispetto del sesso debole e dell' Amor Cortese, incarna perfettamente lo spirito delle donne nel corso dei secoli. Costretta a travestirsi da uomo per proteggere sè stessa e per poter meglio riuscire nella sua impresa, Leola si rimbocca le maniche e parte alla ricerca del suo uomo. Altro che le principesse delle favole, addormentate in cima alla torre ad aspettare di essere salvate. Leola è una contadina, una coi piedi per terra, energica e inossidabile come solo noi donne sappiamo essere.
Perchè La Storia del Re Trasparente, dunque? Perchè Leola incarna lo spirito tenace e combattivo che noi donne sappiamo avere di fronte ad un mondo maschilista e di fronte a "maschi" che spesso perdono la loro "maschiezza", se mi passate l'improponibile gioco di parole.

2. Africa Social Club di Gaile Parkin.  Dall'Europa all'Africa, dal Medioevo al Ruanda che sta ancora cicatrizzando le ferite della guerra civile. In qyesta terra che non sembra far altro che piangere i propri morti ammazzati (dalla guerra tra fratelli, dall'AIDS, dal genocidio e chi più ne ha più ne metta), Gaile Parkin dipinge la delicata figura di una donna -Angel, dolce fin dal nome-che si inventa un lavoro da pasticcera e comincia a sfornare torte per celebrare gli eventi più disparati. Ebbene sì, perchè in un paese lacerato dal lutto che si riaffaccia alla vita, ogni cosa è una festa ed ogni festa va celebrata con gioia; e la dolce Angel impasta e decora le sue creazioni, riprendendo lei per prima in mano una vita spezzata dal dolore.
Perchè la dolcezza di Angel, dopo la Leola cruda e combattiva? Perchè Angel rappresenta la tenacia della dolcezza che noi donne sappiamo avere quando la vita ci prostra, quando le lacrime ci hanno prosciugato e ci sentiamo svuotate di tutto eppure andiamo avanti con un sorriso, perchè la natura ha messo sulle nostre spalle di sesso debole la responsabilità - ed il potere - di far star bene gli altri, averne cura, sorreggerli e confortarli. Quando riponiamo la spada e i muscoli che ci servono per farci largo nel mondo costruito dagli uomini per gli uomini e ci rintaniamo in casa, a sfornare sorrisi.

3. Ne ho parlato pochissimo tempo fa, ma mi sento di inserire decisamente in questo post anche Elizabeth Philpot e Mary Anning, protagoniste di Strane Creature di Tracy Chevalier. Due donne diversissime eppure con un tratto in comune, quello di essersi scavate faticosamente (e letteralmente a colpi di paletta e spazzola!) il loro cammino nel mondo accademico, quando tutto ciò era solo e soltanto appannaggio dell'uomo e la donna era relegata a docili attività casalinghe e ad una controllatissima vita sociale.Due personaggi esistiti realmente che hanno lottato contro il pregiudizio più duro a morire, quello che chi è stato provvisto di pene dalla natura abbia intellettualmente una marcia in più.
Non hanno sguainato una spada come Leola, non hanno dispensato agli altri la dolcezza di Angel ma hanno incarnato una terza dote delle donne: la testardaggine e la costanza nel conseguire i propri obiettivi. Duecento anni fa come oggi, faticare il doppio sul lavoro per ottenere la metà. Una storia da leggere perchè tratta di due donne vere che, ciascuna coi propri mezzi, hanno tenuto duro. E perorare la propria causa in un mondo accademico fatto di uomini non è certo da meno che imparare a menare fendenti nel medioevo.

4. Un grande classico della letteratura per una grande donna: la mia eroina preferita, Jane Eyre di Charlotte Bronte. Moderna, colta, educata eppure tosta, una che si mantiene da sola con dignità e con orgoglio, che non lascia che le convenzioni o ciò che pensano gli altri la influenzino, un personaggio indimenticabile.
Di lei ho già parlato nella recensione del libro; ma qui, in questo post dedicato all'otto marzo ed alle donne in generale la inserisco perchè tra le sua sfaccettature c'è un'altra delle grandi caratteristiche che noi donne abbiamo: la capacità di AMARE.
Guardate la piccola Jane ed il "suo" signor Rochester.... lui è burbero, solitario, neanche particolarmente affascinante, con una storia poco pulita alle spalle della quale appare restio a parlare e segreti apparentemente inconfessabili nascosti tra le mura spesse di un'antica dimora. Eppure lei, riflessiva, silenziosa eppure pronta ad esprimere con fermezza la propria opinione quando serve, paziente, combattiva, lo ama con fermezza e devozione e lo ama ancora di più quando lui più ne ha bisogno, quando è solo e ferito nel fisico e nel volto. Trascina via Rochester da un passato "brutto" verso una nuova vita, scrollandogli di dosso i ricordi per aprire a lui il suo cuore non convenzionale, indipendente ma capace di grandi sentimenti. Perchè noi donne siamo spesso anche questo: occhi capaci di scrutare dentro e far germogliare le scintille di "buono" che talvolta restano soffocate sotto le cicatrici dei brutti ricordi e dello scoramento. Sappiamo amare con tenacia e trascinare - noi, il sesso debole! - la barca in salvo quando si affronta la tempesta.

5.Uff... scegliere la quinta "donna letteraria" da ospitare in questo post non è stato semplice, talmente tante e varie sono le eroine uscite dalla penna degli scrittori di ogni tempo. Ma se il senso di questo post è trovare cinque personaggi che incarnino cinque aspetti dell'essere donna, la mia scelta non poteva che cadere su Tilo, protagonista di un delizioso romanzo intitolato La Maga delle Spezie.
Perchè proprio lei? Perchè Tilo incarna l'essenza dell'incanto dell'essere donna, lei che con la sua botteguccia piena di odori nella Oakland degli anni Ottanta non vende solamente polveri... lei osserva, studia, si immerge con empatia nella vita dei suoi clienti e utilizza le sue arti magiche per dipanare i grovigli della loro vita, silenziosamente, con pazienza e un affetto quasi materno. Non combatte come Leila, non sfida le convenzioni sociali come Elizabeth Pilphot, non scava nell'animo dell'uomo che ama per far rinascere in lui l'amore per la vita come Jane, in un certo senso come Angel mette a frutto una propria dote per far felici gli altri, ma rispetto a quest'ultima incarna l'ultimo aspetto tipico del gentil sesso: lo spirito di sacrificio. Tilo dedica la propria vita agli altri fino a quando l'incontro con un uomo non la spingerà a trovare un po' di spazio anche per sè stessa; Tilo, la Maga delle Spezie rappresenta le donne che si mettono da parte per gli altri, che siano essi la famiglia, dei perfetti sconosciuti o perchè no, una colonia di gatti randagi. ^_^
Donne che possono fare poco, eppure lo fanno, lasciando indietro sè stesse per questa indomabile vocazione di fare qualcosa per gli altri.


Questi i miei cinque titoli, le mie cinque (anzi, sei, perchè la Chevalier vale doppio!) eroine e le mie cinque motivazioni.
Augurando una buona festa della donna a tutte noi ^_^ blogger e non!



mercoledì 4 marzo 2015

NEIL GAIMAN - Nessun Dove

DOVE: in una cupa Londra Sotterranea
QUANDO: in una dimensione parallela fuori dal tempo, ai giorni nostri

Dopo aver letto Coraline, non potevo non appassionarmi a Neil Gaiman ed al suo mondo cupo e surreale. Ma se Coraline restava tutto sommato una favola - dalle tinte parecchio fosche, per carità, ma pur sempre una favola - con Nessun Dove dalla favola ci allontaniamo, e di parecchio. O forse neanche tanto, perchè qui ci sono sangue, lotta, coraggio, squartamenti, un viaggio avventuroso, paura, ossa rotte e misteri da svelare come in ogni favola che si rispetti. Ma con i toni crudi e spietati della cronaca, delle dissezioni di cadaveri sotto la luce asettica degli obitori, dei verbali di polizia.
Una sorta di favola dark per adulti, ecco, diciamo così; anche se mi rendo conto che la definizione è riduttiva e banale.
Richard Mayew, trasferitosi senza troppo entusiasmo nella City per questioni lavorative, ha una vita ordinaria e pulita: un lavoro d'ufficio dai ritmi serrati, una fidanzata affascinante e capricciosa, un appartamento silenzioso. Fino a quando, in una serata come le altre, non si imbatte in una creatura spaventata, ferita, infagottata negli stracci, che gli ruzzola davanti comparendo dal nulla. Richard la soccorre,  provocando le ire della fidanzata Jessica, ed in quel momento perde tutto.  Casa, lavoro, fidanzata, direte voi.
Macchè, perde molto di più.. Risucchiato in un mondo cupo, cruento, in un mondo sotterraneo che vive in una lotta oscura lungo le stazioni della metropolitana londinese, Richard perde sè stesso. O meglio, perde il sè stesso che era, per diventare una delle creature invisibili al mondo di sopra che popolano questa Londra Di Sotto. 
Creature che affollano il Mercato Fluttuante,  nel deserto silenzioso dei grandi magazzini Harrods, di notte.
Creature che scompaiono nel nulla divorate dal buio sul Night's Bridge - la versione sotterranea della fermata di Knightsbridge, o tentando di superare gli enigmi dei Frati Neri a Brackfriars.
Sì, perchè è proprio lungo le linee della celeberrima metropolitana londinese che si snoda questa avventura sotterranea, in cerca di qualcosa e in fuga da qualcos'altro, in un mondo freddo, umido, nero, cruento ed animalesco in cui ben presto lo spirito cittadino viene soffocato per lasciar emergere il suo "io" più istintivo e coraggioso.
E non potrebbe essere altrimenti, quando sei in viaggio attraverso cunicoli bui ed intricati sapendo che sulle tracce tue e dei tuoi compagni di strada sono stati sguinzagliati due esseri spietati e senza tempo, devoti alla tortura come ad un'arte sopraffina....

Difficile anche dipanare una trama, senza rovinare il finale. Diciamo che si tratta di immergersi per qualche settimana in tunnel puzzolenti ed umidi, senza rivedere la luce del sole, provando la scarica di adrenalina dell'animale braccato e il sollievo di chi si ritrova vivo a dispetto di tutto in un mondo oscuro e terrificante.
E soprattutto, alla fine di tutto, riuscirà Richard a salvare la pelle e ritornare alla sua tanto agognata vita di superficie?

UN AGGAGGIO:

"Era tardo pomeriggio, e il cielo senza nubi stava passando dal blu reale a un violetto intenso, con una spruzzatina di rosso-arancio e giallo-verde sopra Paddington, quattro miglia a ovest, dove, dal punto di vista di Old Bailey, il sole era appena tramontato.
Cieli, pensà Old Bailey con una sorta di compiacimento. Mai due di essi uguali. Nè di giorno nè di notte. Era un esperto di cieli, Old Bailey, e questo era proprio un bel cielo. Il vecchio aveva piantato la tenda per la notte su un tetto di fronte alla cattedrale di St. Paul, nel centro della City di Londra.
Era affezionato a St. Paul, e almeno lei era cambiata poco negli ultimi trecento anni. Era stata costruita in pietra Portland bianca che, prima ancora di essere stata completata, aveva iniziato a diventare nera a causa della fuliggine e della sporcizia nella fumosa aria londinese, ma adesso, in seguito alla ripulitura di Londra negli anni Settanta, era ritornata più o meno bianca."

mercoledì 25 febbraio 2015

TRACY CHEVALIER - Strane Creature

DOVE: Lyme Regis, Inghilterra
QUANDO: Prima metà del Diciannovesimo Secolo.

Chi come me legge per il piacere di viaggiare non può non amare Tracy Chevalier, per la sua capacità di trascinarti sempre in realtà assolutamente particolari e suggestive.
Con lei ero già stata in giro tra Belgio e Francia, nelle botteghe dei tessitori di arazzi del Quindicesimo Secolo (qui la recensione); ma stavolta se possibile la meta del viaggio è ancora più insolita. Andiamo infatti a caccia di fossili nell'Inghilterra degli inizi del Diciannovesimo secolo, a cavallo tra i regni di Guglielmo e Vittoria, a Lyme Regis, nella contea del Dorset.
E' qui infatti che tre sorelle londinesi, Margaret, Louise ed Elizabeth Philpot vengono a vivere in seguito al matrimonio del fratello John, avvocato di successo nella City. In maniera nemmeno tanto velata, facendo leva sulla difficoltà di sostentamento che avrebbero nella ben più cara Londra senza un uomo a mantenerle, egli infatti caldeggia fortemente il trasferimento in questa minuscola località balneare nemmeno particolarmente in voga (o perlomeno, non quanto la ben più scintillante Brighton), dove avrebbero a suo dire potuto vivere in maniera più serena la loro condizione - ahimè - di zitelle.
Se Margaret, la più giovane delle tre e la più affamata di vita sociale, vive con sconforto questo esilio, le sue due sorelle trovano lentamente nella vita di provincia una loro equilibrata dimensione: Louise, appassionata di botanica, nella cura minuziosa del giardino del loro cottage mentre Elizabeth, grande divoratrice di libri di storia naturale, nelle lunghe passeggiate lungo la spiaggia in cerca di tesori.
Ed è in una di queste passeggiate che la colta Elizabeth si imbatte in Mary Anning, spettinata e focosa ragazzina che per aiutare un po' le ben misere finanze di famiglia ha preso l'abitudine di rivendere ai turisti le strane rocce che talvolta le capita di trovare, specialmente dopo le mareggiate, quando la furia del mare rosicchia parte della scogliera.
Tutto parte da qui, da una ragazzina dalle unghie annerite a furia di scavare e da un'insolita amicizia; Elizabeth prende la monella sotto la sua ala protettrice, portandola spesso a casa e mostrandole sui suoi libri come i "ninnoli" che lei vende ai turisti altro non sono che i resti fossilizzati di antiche creature dai nomi complicati; dal canto suo la giovane Anning ricambia queste attenzioni insegnando all'eccentrica signora di città dove trovare questi "ninnoli" ed aiutandola ad allargare la sua collezione.
Fino a quando la ragazzina non s'imbatte, per puro caso, in un "ninnolo" ben più grosso degli altri, un misterioso scheletro di roccia che sembrerebbe appartenere ad un coccodrillo, anche se la signorina Philpot insinua il sospetto che si tratti di qualcos'altro....

Un viaggio assolutamente unico nel suo genere, in un'epoca di grande fermento scientifico eppure di estrema chiusura mentale di fronte al "nuovo" che spaventa poichè mette in discussione i grandi pilastri sui si fonda una fede religiosa che nella piccola Lyme Regis ha radici ben profonde.....
Ammettere l'esistenza di creature che poi si sono estinte significherebbe infatti ammettere che il Signore abbia eliminato alcune delle sue creature perchè imperfette, il che ben possiamo immaginare quale tipo di ribrezzo  creava nell'ottuso bigottismo del tempo, perlomeno lontano dalle ristrette cerchie di intellettuali e dai loro convegni londinesi.
Metteteci poi che per le donne, al tempo, anche solo l'idea di partecipare a queste attività intellettuali era assolutamente proibita ed avrete la portata esatta della battaglia infuocata che la zitella Philpot decide di combattere: contro il bigottismo, contro le convenzioni sociali stantie, contro la discriminazione, affinchè il valore della scoperta di Mary Anning non venisse soffocato e soprattutto affinchè il merito della stessa venisse attribuito a lei, e non ad un accademico londinese che non ha mai messo piede sulla spiaggia di Lyme Regis, ma in quanto maschio è degno di essere menzionato sui trattati scientifici.
Una storia vera appassionante, fatta di Meraviglia (con la M maiuscola, quella che noi uomini del ventunesimo secolo forse non siamo più in grado di provare), di lotta ai pregiudizi, ma soprattutto di quella biozzarra miscela di fatica fisica, polvere e  inchiostro che ha consentito di ricostruire, negli anni, la storia del mondo come oggi la conosciamo.

E non nego un pizzico di commozione ( chi come me ama leggere e si affeziona ai personaggi dei romanzi puà capire di cosa parlo) nello scoprire, su uno dei libri di dinosauri con i quali mio figlio di quasi sei anni ora ama trascorrere il tempo libero, il nome di Mary, menzionata come autrice del ritrovamento del primo scheletro intero di Ittiosauro e successivamente di Plesiosauro.
Mary Anning, il cui nome rischiava di scomparire solo perchè donna, oggi viene ufficialmente ricordata come autrice dei ritrovamenti. La monella spettinata ha avuto giustizia.

(se qualcuno volesse leggere qualcosa a proposito di Mary, e vedere anche un suo ritratto, questa la pagina di Wikipedia)


UN ASSAGGIO:

"Tuttavia ci abituammo in fretta. Anzi, poco tempo dopo cominciammo a pensare che la nostra vecchia casa di Londra era decisamente troppo grande. Difficile da riscaldare a causa delle finestre enormi e dei soffitti altissimi, aveva nell'insieme dimensioni sproporzionate: la grandiosità sa di posticcio se non si accompagna alla vera grandezza. Il Morley Cottage era della taglia giusta, in tutti i sensi, per delle signore. Infatti credo che un uomo ci si troverebbe a disagio. John lo era quando veniva a trovarci: non faceva che picchiare la testa contro le travi ed inciampare sul pavimento, per guardare fuori dalla finestra doveva chinarsi e si muoveva goffamente sulla scala ripida. Solo il focolare in cucina era più grande del caminetto che avevamo a Bloomsbury.
A Lyme dovemmo abituarci anche alla ridotta vita di società. Essendo un po' fuori mano - la città più vicina, Exeter, si trova a venticinque miglia di distanza - ha una popolazione che, pur conformandosi alle regole della civile convivenza, non manca di personaggi bizzarri e imprevedibili. "