domenica 22 ottobre 2017

RAY BRADBURY - Paese d'ottobre

DOVE: perlopiù nel Midwest degli USA
QUANDO: tra gli anni '30 e gli anni '40

Ci sono libri che sembrano essere stati scritti appositamente per l'autunno, per le prime serate fredde che fanno venire voglia di plaid, di cioccolata calda e per chi- come me - li ama alla follia, di un gatto sulle ginocchia. Ecco, questo è uno di quei libri, perfetti per ritagliarsi momenti di evasione mordi e fuggi.
Come ho scritto in diverse occasioni, non sono un'amante del racconto; trovo che in molti casi le storie di poche pagine non riescano a coinvolgermi, restando perdipiù incompiute, e lasciandomi in bocca un sapore amarognolo e deludente, come di qualcosa che doveva essere e non è stato. Accade anche, però che il racconto in mano a penne particolarmente dotate, diventi "altro", una piccola storia compiuta, da mangiare in un boccone, come quei piccoli mignon colorati che occhieggiano dalle vetrine delle pasticcerie e che ti vien voglia di divorare uno dopo l'altro. Accade raramente, ma accade. Con Asimov, per esempio, e il suo brillante I racconti dei Vedovi Neri. Oppure, con le bizzarre e guizzanti Storie del Terrore da un minuto.
Ed accade con Bradbury ed i suoi brevi, stralunati, surreali racconti autunnali che ci trasportano nella provincia americana a cavallo tra gli anni '30 e '40, dove accadono cose strane, talvolta semplicemente ambigue, talvolta decisamente spaventose.
Ecco, va anche detto che probabilmente per quanto mi riguarda apprezzo i racconti quando strizzano l'occhio non dico all'horror, ma perlomeno al mistero, da buona ex ragazza degli anni '90 cresciuta a pane e Mulder&Scully.
Ho comprato questo libro su Amazon, semplicemente - lo confesso - a completamento di un ordine, per arrivare alla cifra necessaria per evitare le spese di spedizione; l'ho comprato senza troppe aspettative, ma con una certa curiosità. Punto primo, perchè di lui avevo letto - millenni fa - le Cronache Marziane (ed anzi, sarei curiosa di recuperarle). Punto secondo, perchè al di là della promessa di sapori "surreali", mi intrigava moltissimo questa ambientazione negli USA della prima metà del Ventesimo Secolo.
Di storie e di luoghi, poi, in queste pagine se ne trovano per tutti i gusti, Per esempio, un vecchio e cadente Luna Park coi suoi baracconi allineati lungo un molo, nell'afa di una sera di fine estate.
Oppure, una quieta, silenziosa ed elegante casa circondata da un folto bosco che la protegge dai pericoli del mondo esterno. O un lago, un quieto e luccicante lago, con la sua spiaggia silenziosa ed i baracchini dei panini imbottiti chiusi, con le imposte inchiodate.
O una città, una perfetta, ordinata, caotica, trafficata, pericolosa città degli anni'30, con le automobili lucide come insetti che scorrono sulle strade dritte, gli attraversamenti pedonali, i grattacieli color piombo dritti contro il cielo.
Su questi perfetti, suggestivi scenari scorrono poi, come in un teatrino magnetico, le vicende di decine di personaggi, storie diverse una dall'altra ma tutte accomunate dal retrogusto surreale, misterioso, talvolta inquieto.
Un bambino bloccato a letto da una lunga malattia, e la straordinaria amicizia del suo cane, che gli porta in camera brandelli di quel mondo esterno dal quale è escluso.
Una giovane mamma che sembra crollare psicologicamente, convinta che il suo neonato nasconda un'inquietante verità.
Un agricoltore, la sua famiglia ed uno strano, stranissimo campo di grano.
Il giovane Timothy, membro "diverso" di una famiglia "speciale".
Tanti ingredienti perfettamente miscelati per creare 19 racconti instabili, inquieti, bizzarri.
Diciannove micro-viaggi in altrettanti piccoli mondi di un'America divenuta antica, tra città e campagne, con un piccolo sconfinamento in Messico assieme ad una coppia di mezza età alle prese con un misterioso rituale di mummificazione.
Il mio preferito tra tutti, decisamente, "L'emissario".
Da leggere se amate le storie che strizzano l'occhio all'irreale, al fantastico e al nonsense.

UN ASSAGGIO:

"Martin seppe che era tornato l'autunno, perchè entrando in casa di corsa Fido portò vento, brina e un sentore di mele inacidite sotto gli alberi. Nelle molle d'orologio del suo pelame, Fido raccoglieva il solidago, la polvere dell'astrea che dà l'addio all'estate, guscio di ghianda, pelo di scoiattolo, piuma di pettirosso partito, segatura di legna da ardere appena tagliata e foglie, simili a tizzoni scrollati dalla vampata fulva degli aceri. Fido balzò. Una pioggia di gracile felce, di pruno da more, d'erba di palude si riversò sul letto dove Martin strillava. Nessun dubbio, nessunissimo dubbio, quella bestia incredibile era ottobre!
'Qua, bravo, qua'
E Fido si adagiò a riscaldare il corpo di Martin con tutti i falò e i fuochi misteriosi di stagione, e a riempire al camera degli odori tenui o forti, umidi o secchi di una lunga gita."

giovedì 5 ottobre 2017

UMBERTO ECO - L'Isola del Giorno Prima

DOVE: con un naufrago sperduto in prossimità di una misteriosa isola nell'Oceano
QUANDO: 1643

Complesso, onirico, a tratti lento e certamente non adatto a tutti, eppure avvolgente e suggestivo questo romanzo che ci trasporta intorno alla metà del Diciassettesimo Secolo, nella travagliata vita di Roberto de la Grive. Erede di una famiglia della piccola nobiltà del ducato di Milano, i Pozzo di San Patrizio, cresciuto sotto la guida di un precettore carmelitano, combattente valoroso - accanto al padre - durante l'assedio di Casale Monferrato (battaglia cardine della Guerra di Successione scoppiata alla morte senza eredi di Vincenzo Gonzaga Duca di Mantova, qui un sunto "wikipediesco" della storia) ed infine naufrago solitario in una regione sconosciuta dell'Oceano, aggrappato ai miseri resti della gloriosa Amarilli sulla quale si era imbarcato, tempo addietro, per una misteriosa missione della quale solo più avanti verrà svelato il fine; questa, molto in breve, la vita del giovane protagonista, dal carattere mite ma tenace e dall'amore sconfinato, puro e platonico per la bella e lontana Lilia.
Dunque, dicevamo, naufrago. Iniziamo infatti questa avventura aggrappati ad una tavola di legno, sballottati tra le onde, sfiniti, intrisi d'acqua fino alle ossa, bruciati da sole e seccati dalla salsedine; sembrerebbe a tutti gli effetti la fine, più che l'inizio; ma ecco, all'orizzonte, comparire una nave. Una nave - a dirla tutta - anch'essa in un certo senso naufraga, orfana com'è di qualunque membro dell'equipaggio e priva di scialuppe, ma pur sempre un qualcosa di solido su cui poggiare le stanche membra di naufrago dopo tanto sciabordare di marosi; perciò, traendo a sè le ultime forze, Roberto sale a bordo. E qui, sulla misteriosa e deserta Daphne, inizia la sua vita di duplice naufrago. Naufrago dell'Amarilli, come abbiamo detto; e di nuovo, naufrago sulla Daphne, che scopre ben presto essere attraccata di fronte ad un'isola sconosciuta, irraggiungibile a nuoto eppure perfettamente visibile all'orizzonte. Che cosa fa una nave zeppa di provviste ed acqua potabile, senza alcun segno di lotta, nè alcun danno visibile, sola ed abbandonata - apparentemente- di fronte ad una misteriosa isola? che fine ha fatto l'intero equipaggio? Riprese le forze, Roberto inizia ad indagare, ben presto iniziando a sospettare che da qualche parte, laggiù nelle profondità della stiva, essa nasconda anche un'intruso ostile.
Una storia che inizia con i toni del giallo ma sfuma ben presto nel trattato scientifico, quando man mano dipaniamo la matassa della misteriosa missione che ha condotto Roberto sull'Amarilli e sul perchè la maestosa Daphne sia stata abbandonata al suo destino dai membri dell'equipaggio.
Un romanzo storico che ci porta lontano, un pelino più indietro dell'Illuminismo, in un mondo di passione per l'ignoto, per l'esplorazione geografica, la scoperta del mondo al di là dei confini conosciuti. Un'epoca in cui si iniziava a manifestare interesse per i mondi esotici, e d'altro canto si cercava di razionalizzarli, di renderli individuabili matematicamente, identificabili numericamente sulle mappe geografiche. L'epoca in cui si cominciavano a calcolare latitudini e longitudini, per dare riproducibilità a viaggi facilitando l'individuazione dei luoghi; eppure un'epoca in cui ancora - in Italia, soprattutto - il pensiero religioso cozza prepotentemente con la scienza ed il progresso, con la filosofia, a tratti anche con l'ingegno umano. E poi, un romanzo che parla di solitudine, disperazione, tenacia, abbandono. Del delirio della mente umana quando l'uomo si ritrova lontano dai suoi simili, costretto ad una prigionia seppur apparentemente confortevole.
Ripeto, un libro che non è per tutti, lo stile è - come si confà ad un romanzo storico - ben lungi dall'essere scorrevole e contemporaneo, le lunghe digressioni di stampo filosofico o tecnico richiedono di essere affrontate con la curiosità di chi osserva sotto il microscopio un mondo lontano dal nostro, ma un libro completo, da leggere. ù
Che poi, mi viene quasi da sorridere, e dire: "E' Umberto Eco. Non c'è certo bisogno che sia tu, a dire che è un libro che vale la pena leggere" ^_^

UN ASSAGGIO:

"Aveva barcollato verso l'altro bordo e aveva intravisto - ma questa volta lontano, quasi a filo di orizzonte - i picchi di un altro profilo, anche quello delimitato da due promontori. Il resto mare, come a dare l'impressione che la nave fosse attraccata in una rada in cui era entrata passando per un vasto canale che separava le due terre. Roberto aveva deciso che, se non si trattava di due isole, certo si trattava di un'isola prospiciente una terra più vasta. Non credo avesse tentato altre ipotesi, visto che non aveva mai saputo di baie così ampie da dar l'impressione, a chi vi si trovi in mezzo, di star di fronte a terre gemelle. Così, per ignoranza di continenti smisurati, aveva colto nel segno.
Una bella vicenda per un naufrago: con i piedi sul solido e terraferma a portata di braccio. Ma Roberto non sapeva nuotare, entro poco avrebbe scoperto che a bordo non c'era nessuna scialuppa,e  la corrente aveva frattanto allontanato a tavola con cui era arrivato. Per cui al sollievo per la morte scampata si accompagnava ormai lo sgomento per quella triplice solitudine: del mare, dell'Isola vicina e della nave."