"Non sei mai stato il capitano Nemo intrappolato nel tuo sottomarino mentre la piovra ti sta attaccando?" (Dal film 'La Storia infinita')
lunedì 5 marzo 2012
AZHAR ABIDI - La Casa degli amori sognati
DOVE: Karachi,Pakistan
QUANDO: metà degli anni '80
Se -come ormai ripeto fino alla nausea - per me leggere è intraprendere un viaggio, va da sè che adoro in particolar modo i libri che sono in grado di portarmi lontano da quella che è la mia realtà. Per esempio, nel Pakistan degli anni '80, sospeso a metà tra un passato fatto di rigidi principi familiari, disciplina, serenità ed un presente in cui la violenza lacera ed infiamma corpi ed animi di coloro che, in nome degli ideali, si lanciano nella follia di una guerra "giusta".
Bilqis, vedova, distinta signora discendente di un'antica famiglia di Karachi, colta ed elegante osserva impotente attorno a sè il lento declino di tutto ciò che un tempo era stato il suo presente; così come le tappezzerie vede gli antichi principi ed ideali ingiallirsi e farsi improvvisamente lisi, vetusti, muffosi agli occhi dei giovani. Come quelli dell'amato figlio Samad, fresco sposo della bella australiana Kate, che seppur combattuto nel proprio intimo con i sensi di colpa - abbandonare l'anziana madre, sempre più sola nella vecchia casa cadente - sceglie comunque di restare in Australia, tentando in tutti i modi di sradicare l'ostinata Bilqis dal Pakistan in rapido decadimento per portarla con sè a Melbourne. O quelli della giovane Mumtaz, domestica nata e cresciuta nella sua casa - come sua madre prima di lei - che in barba ai sani principi della tradizione che vorrebbero un matrimonio accuratamente selezionato e scelto da altri per lei, insegue il suo cuore imbarcandosi in una pericolosa relazione "non autorizzata" con Omar, focoso combattente per l'indipendenza.
Tutto ruota intorno all'amore nelle sue diverse forme - per i genitori, per la propria patria, per la religione, fino al più tradizionale, quello che toglie il fiato e fa battere il cuore - tra i profumi esotici del silenzioso giardino in mezzo al quale sorge l'ormai cadente casa di Bilquis, che pare precedere di qualche passo i piccoli "acciacchi" della sua ultima, tenace inquilina, fedelmente accudita da un esile manipolo di domestici a lei devoti.
UN ASSAGGIO:
"La mattina successiva, Bilqis si svegliò presto. Aveva piovuto prima dell'alba. Quando smise, le rane cominciarono a gracidare. Bilqis si svegliò da un sogno vivido, pensando che suo marito, Hashmat, fosse ancora vivo. Le ci volle qualche istante per rendersi conto che era morto da sette anni, anche se le sembrava che fossero passati solo pochi giorni. Seccata con sè stessa, si alzò e andò in bagno. Era uno spazio piccolo senza finestre, con un'apertura vicino al soffitto, i muri imbiancati e un bouquet di lavanda fresca in una nicchia. Si lavò le mani e il viso con una saponetta trasparente Pear's e si asciugò con uno spesso asciugamano. Moderni accessori in acciaio avevano sostituito l'impianto idraulico originale; era rimasta soltanto una vecchia vasca da bagno in ghisa che, quando gli operai avevano osato cercare di toglierla, aveva affondato le sue zampe artigliate nel pavimento, minacciando di portare con sè tutta la muratura. Si tolse le pantofole rosse di pelle e si sedette sul bordo della vasca. Le piaceva quel bagnetto, che sembrava la cella di un monastero. Si sentiva al sicuro lì dentro. Era il sancta sanctorum della sua casa."
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Belle queste forme d'amore così vere e così sofferte in tutte le varie declinazioni in cui possono essere espresse.
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