domenica 6 maggio 2012

VANORA BENNETT - Ritratto di una sconosciuta

DOVE: Londra, Inghilterra
QUANDO: inizi del Sedicesimo secolo

Ecco un viaggio iniziato per caso, frugando in una bancarella del mercato di quelle in cui si accatastano alla rinfusa libri di ogni genere, e assolutamente indimenticabile. Perchè l'ambientazione di per sè - la Londra umida e fumosa del volitivo Enrico Ottavo, stanca delle lotte intestine tra le due dinastie dei Tudor e dei Plantageneti, in precario equilibrio prima dello scisma religioso che spaccherà violentemente in due la Chiesa (di qua i Cattolici, di là i protestanti) - è già parecchio allettante. Ed è proprio qui, nella lussuosa dimore londinese di Tommaso Moro - umanista e brillante politico - che cresce la giovane Meg Giggs, intraprendente, colta, ben provvista di quello spirito critico che l'educazione del padre adottivo ha inculcato in lei e nelle sue sorellastre. Affascinante, riflessiva, provvista di senso pratico ed esperta di erbe, pozioni e decotti - in certi aspetti, almeno a mio dire, molto simile all'indipendente Jane Eyre di Charlotte Bronte - Meg vive la sua romantica storia d'amore con John Clement, un tempo suo precettore nonchè pupillo dello stesso Moro. Fino a quando, sotto lo stesso tetto, il destino non pone il pittore Hans Holbein, massiccio, focoso, venuto a Londra dalla Germania per realizzare su commissione un ritratto della famiglia Moro. E mentre Meg, con sgomento, apre squarci di luce sul passato oscuro del suo ex insegnante (passato che quest'ultimo continua a custodire gelosamente come un segreto), il cuore passionale del rude tedesco comincia a battere in segreto per lei ... Tutto intorno, la nazione che sembra sgretolarsi sotto la spinta della passione del re per la bella Anna Bolena, i conservatori più rigidi - tra cui lo stesso Moro - che con la forza della disperazione tentano con ogni mezzo - lecito o illecito - di tenere a freno la ventata di nuovo che sta investendo la Chiesa di Roma, le sorti che si rovesciano come dadi in un bussolotto, le vicende private che come spesso accade s'intersecano con la storia, quella che poi sui libri lascia traccia di sè sotto forma di scarni elenchi di date.
La Bennet riesce a trasportarti con altrettanta maestria nel fiorente giardino di Moro, dove s'intrecciano la prima volta le mani titubanti di Meg e quelle del suo pretendente, e attraverso le viuzze umide e cupe dei quartieri più poveri, laddove la povera gente in segreto stampa - ed ascolta - per la prima volta la Bibbia tradotta dal latino alla lingua inglese, scoprendo finalmente il significato di ciò che, per anni, è stata addestrata ad ascoltare senza chiedere nulla di più. Lo ammetto: la scelta finale di Meg mi ha lasciato un pochino l'amaro in bocca.. ma questo, immagino, è il destino dei protagonisti di un romanzo: vivono la loro vita, fanno le loro scelte e chi legge - un po' come il giovane Sebastian della Storia Infinita, avvolto nel plaid nella soffitta polverosa della scuola - si immedesima a tal punto che, quando la decisione del protagonista non corrisponde con la propria ne resta irragionevolmente deluso... Ma la storia in sè è incantevole, suggestiva nell'ambientazione e terribilmente romantica, che si sia d'accordo o meno con la decisione di Meg...

UN ASSAGGIO:

"Il salone era pieno di nuovi arrivati. Ma una testa svettava sopra le altre, con una bruna criniera leonina, la mascella squadrata, un lungo naso e quegli occhi penetranti capaci di carpire i segreti delle anime. Era la testa di un uomo la cui aura gloriosa attirava, ovunque andasse, ogni altro paio d'occhi. Quando papà rideva, come faceva spesso, trasportava immancabilmente qualunque pubblico fosse riuscito ad attirare intorno a sè in un inatteso stato di purissimo divertimento. Non stava proprio ridendo, quando scivolai in casa con John Clement. Lui e donna Alice erano seduti su due sedie dallo schienale alto, circondati da uno stuolo di indulgenti ammiratori con gli occhi che brillavano, e stavano lottando per ridurre all'obbedienza i loro liuti capricciosi. Papà è sempre stato stonato, ma lo diverte l'idea di duettare con la moglie, e in quel momento cercava sorridendo di mostrarsi sciolto nel pizzicare le corde. Conosceva i propri limiti. Per lui quel duetto, come molte altre cose, era solo il preludio a una battuta sulla fragilità umana."




5 commenti:

  1. Non conoscevo questo libro, che sembra molto interessante; grazie per avermelo fatto scoprire! :)

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  2. Ciao, nemmeno io conoscevo questo libro e sicuramente lo metterò nell'elenco delle mie future letture. Mi piace molto il tuo modo di presentare i testi e anche la classificazione che ne fai ( scegli la tua meta) la trovo molto originale e suscita interesse . Ciao, a presto Antonella

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  3. Nemmeno io, come ho scritto è stata una scelta puramente casuale durante una pigrissima passeggiata tra le bancarelle del mercato... mi ha colpito la copertina, ho letto la trama sulla quarta di copertina e - da buona "viaggiatrice virtuale - non ho resistito all'opportunità di un viaggetto in una meta così insolita ^_^!

    Grazie a entrambe per i vostri commenti, un abbraccio!
    Letizia

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  4. Sono convinta che i libri ci chiamino dal loro piccolo spazio, a volte lo fanno direttamente, mentre se ne stanno lì ad aspettare sullo scaffale del negozio, o sulla bancarella, o tra le mani di qualcuno; altre volte lo fanno indirettamente, quando cogliamo al volo una conversazione (anche virtuale), un articolo di giornale, una pubblicità...
    Tutto questo per dire che non si sa mai quali incontri libreschi si possono fare. Comunque, è spesso una sorpresa piacevole, come questo libro. Che vorrei proprio leggere!

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    1. Bellissimo pensiero, Sylvia (e con l'occasione mi scuso per non essere più passata a fare visita a te e zia Jane per il tè... ma il lavoro mi ha preso tantissimo.. :-().. è vero, come accade con le persone così con i libri, talvolta le affinità si scoprono per puro caso...

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