mercoledì 2 febbraio 2011

MURAKAMI HARUKI - Dance Dance Dance


DOVE: Dolphin Hotel, Sapporo
QUANDO: Anni 80

Difficile definire "dove" si svolge questo romanzo.. perchè sì, tutto prende l'avvio da questo piccolo e misterioso hotel di Sapporo, nel quale il protagonista ha trascorso una sola - perlopiù insignificante - settimana della sua vita e che, inspiegabilmente, compare tutt' a un tratto nei suoi sogni. Ma quello è solo l'inizio.
Ben presto, infatti, la storia comincia ad oscillare tra la realtà ed un inquietante universo parallelo che all'improvviso stende la sua oscurità fin al Sedicesimo Piano dell'albergo, un mondo buio nel quale dimora in silenzio l'inquietante Uomo Pecora e che sembra essere in qualche modo legato alla sparizione della bella Kiki, squillo di lusso alla ricerca della quale il protagonista - giornalista freelance senza particolari ambizioni- si lancia convulsamente.
E poi la misteriosa tredicenne Yuki, figlia "dimenticata" da una mamma troppo presa dalla propria carriera e dal proprio compagno, sola con la compagnia delle sue cuffiette, della musica rock e di una speciale capacità di "percepire" gli altri. E Gotanda, ex compagno di studi divenuto star del cinema e incontrato per caso, a distanza di anni, col quale il protagonista condivide una solitudine i cui silenzi incominciano a pesare. E ancora, la piccola e timida Yumihoshi, receptionist del nuovo Dolphin hotel, quello che ha fagocitato il vecchio e decadente alberghetto nella sua scintillante e lussuosa gola.
Un gran ribollire di personaggi e idee, un intreccio lungo il quale l'autore ci guida con semplicità, al ritmo degli Stynx e dei Fleetwood Mac, fino al prevedibile - eppur sorprendente- finale.
Un viaggio meraviglioso, che ho voluto ripetere per ben due volte; ed ogni volta l'atmosfera decadente e misteriosa del Dolphin hotel ha saputo compiere il suo incanto.


UN ASSAGGIO:

"Era un albergo piccolo e modesto, del quale sembravamo essere gli unici clienti. Durante quella settimana, nella hall mi capitò di incontrare al massimo due o tre persone, e non ebbi modo di capire se anche loro pernottassero lì. Ma siccome sul quadro alla reception a volte mancavano alcune chiavi, ne dedussi che forse c'erano altri clienti oltre noi. Magari non molti, ma c'erano. D'altra parte era abbastanza improbabile che in una grande città un albergo indicato da un'insegna e segnalato sulle pagine Gialle resti vuoto. Ma ammesso che ci fossero altri clienti, doveva trattarsi di persone straordinariamente discrete. Non solo non avemmo mai occasione di vederle, ma nemmeno sentimmo mai il minimo rumore o scorgemmo alcun segno della loro presenza. A parte la posizione delle chiavi alla reception, che ogni giorno cambiava leggermente."

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