martedì 8 febbraio 2011

WALTER SCOTT - Ivanhoe


DOVE: Inghilterra
QUANDO: alla fine del Dodicesimo secolo

Come forse si è capito, adoro moltissimo i classici; dal momento che, infatti, per me leggere è viaggiare con il potere della mente, come potrebbe essere altrimenti? Come altri avrei potuto, ad esempio, visitare l'Inghilterra di Riccardo Cuor di Leone, se non immergendomi nella lettura di un classico con la "C" maiuscola quale l'Ivanhoe di Sir Walter Scott? Mi rendo conto che molti possano storcere il naso, di fronte ad un mattone di cinquecento pagine e più, specialmente tutti quelli che, pur amando leggere, trovano più piacevole abbandonarsi ad un linguaggio più vicino a quello dei nostri giorni che non a quello Ottocentesco di Scott. Eppure io l'ho divorato in pochi giorni, per ben due volte.
Provate infatti ad immaginare questo scenario: spegnete radio e TV, fate sparire il traffico, gli aerei, lo sbattere delle porte al piano di sotto, il lontano ululare di un'ambulanza. Immergetevi in un mondo dalla vegetazione rigogliosa, in cui il suono degli zoccoli di un cavallo era l'unica compagnia dei viaggiatori, in un'epoca in cui, al tramonto, calavano tenebre non ancora diluite dal brillare delle lampadine. Immaginate una neonata Inghilterra nella quale Sassoni e Normanni sono ancora due popolazioni in contrasto, vincitore contro vinto, che faticano ad amalgamare le proprie lingue ed usanze a forgiare l'Inghilterra che noi conosciamo. Immaginate poderosi feudi, entro le mura dei quali il feudatario è unico signore e padrone, e chiassosi tornei nei quali cavalieri in livrea fanno cozzare le lance lanciandosi in un galoppo sfrenato. Tutto questo non vi fa ancora venire l'acquolina in bocca? Ebbene, mettete nell'intreccio il nobile Vilfredo di Ivanhoe, sassone che ha giurato fedeltà combattendo accanto al nuovo re Riccardo I; aggiungetevi il suo patriottico padre che l'ha per questo diseredato e vive invece asserragliato nel proprio castello, rifiutando di riconoscere il vincitore normanno, e ancora: una giovane ebrea che con la sua bellezza infiamma il cuore del focoso templare Bois-Guilbert, un valente e misterioso Cavaliere Nero, una splendida orfana e il suo amore contrastato per il giovane diseredato... vicende private che si intrecciano le une alle altre, in un mondo tanto affascinante quale quello cavalleresco. Un'occasione imperdibile per conoscere un'epoca perlopiù oscura ed assistere alla nascita di una nazione che ha, alle sue spalle, molto più che i Quattro Baronetti di Liverpool.
E a far da sfondo alle vicende dei "piccoli" protagonisti, la grandezza della Storia, che prima d'essere un elenco ordinato di date e fatti è stata presente, adesso, sangue, terra, odore pungente di cavalli, fiammeggiare di incendi e mani giunte, imploranti.

UN ASSAGGIO:
"'Vuotate una coppa alla mia salute, signor Templare' disse Cedric ' Ed empitene un'altra all'abate, mentre io torno indietro di una trentina d'anni per raccontarvi un'altra storia. Il Cedric di allora non aveva bisogno di prendere dai trovatori francesi ornamenti per il suo semplice inglese quando voleva parlare a una bella; e il campo di Northalleron, il giorno di San Standard, potrebbe dire se il grido di guerra sassone non fu udito da così lungi nelle file degli scozzesi quanto il 'cri de guerre' del più prode barone normanno. Alla memoria di quei bravi che combatterono là! Brindate con me, miei ospiti - Bevve un lungo sorso, e proseguì con crescente calore - Sì, quello fu un giorno in cui gli scudi cozzarono e cento bandiere sventolarono sulle teste dei valorosi; e il sangue corse a fiumi e la morte parve preferibile alla fuga. Un bardo sassone lo avrebbe chiamato una festa delle spade, un raduno di aquile sulla preda, l'urto delle alabarde sugli scudi e degli scudi sugli elmi, il clamore della battaglia più gioioso di un tripudio di nozze. Ma i nostri bardi non esistono più -continuò Cedric - le nostre gesta sono andate perdute in quelle di un'altra razza, la nostra lingua, il nostro stesso nome sta rapidamente decadendo, e nessuno se ne lamenta eccetto un vecchio solitario. Coppiere! Empi le tazze, birbante. A tutti i forti guerrieri, signor templare, di qualunque razza o lignaggio che adesso combattono in Palestina fra i campioni della Croce!'"

4 commenti:

  1. Credo - e sono sicura di non esagerare - che Sir Walter ti omaggerebbe ben voleniteri di qualche verso, o forgerebbe su di te un personaggio ad hoc, solo per ringraziarti di questo (irresistibile) invito alla lettura!

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  2. che dire... GRAZIE MILLE ^_^ Ma immagino che anche Jane Austen saprebbe ricambiare anche lei la tua originalissima idea di un blog incentrato su di lei!

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  3. Oooooh, Ivanhoe!!! Che libro meraviglioso, è nella top five dei miei preferiti di tutti i tempi!! Anche se detesto cordialmente il 'buon' (quanto ottuso) ivanhoe, e amo invece alla follia i personaggi di Rebecca (uno dei più grandi personaggi letterari, per me!) e Brian! Anzi, lui è proprio uno dei 'miei uomini', insieme a Rochester, Edmond Dantes, Cyrano e Darcy!XD Che uomini, ragazzi!

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  4. Francesca, hai colto nel segno.. anche io trovo che la figura di Brian sia estremamente affascinante.. con quelle dichiarazioni d'amore appassionate a Rebecca... Dici bene tu, che uomini, ragazzi! per quanto ami leggere anche i romanzi contemporanei, al giorno d'oggi difficilmente si incontrano personaggi di un fascino simile, ahimè, perfino nelle opere di fantasia..

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